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Niente concordato per “La Castelnuovese” Grande preoccupazione tra i lavoratori. Si chiude una storia di oltre 60 anni

Il Tribunale di Arezzo non ha autorizzato la proposta di concordato preventivo che era stata presentata e per la Cooperativa La Castelnuovese si apre lo spettro del fallimento. La crisi che da alcuni anni ha colpito l’azienda, quindi, arriva ad un punto di non ritorno. Sono stati nominati anche due curatori fallimentari che avvieranno l’iter. Un’autentica mazzata per gli oltre 50 lavoratori, che da luglio finiranno in disoccupazione, ma anche per il mondo produttivo della vallata. La Castelnuovese, infatti, ha rappresentato un pezzo di storia dell’economia valdarnese. I sindacati sono già mobilitati per supportare il personale in questa difficile fase della loro vita, anche perché una parte dei lavoratori ha un età matura e non è facile una ricollocazione in tempi brevi.
La vicenda della Castelnuovese, in questi anni, ha fatto parlare di se anche per la presenza di Lorenzo Rosi, che dopo essere stato presidente della Cooperativa è approdato nel Cda di Banca Etruria e poi alla presidenza. Ma ha fatto parlare di se anche perché, per decenni, ha rappresentato un volano per l’economia del territorio, soprattutto nel campo dell’edilizia. E proprio la crisi che ha devastato questo comparto è stata, probabilmente, tra le cause maggiori di questo triste. epilogo.
La Castelnuovese trae la sua origine dall’attività estrattiva in galleria, a Castelnuovo dei Sabbioni. Era il 1956 quando un gruppo di ex minatori e manovali si “inventarono” muratori e venne costituita la Cooperativa di Costruzioni La Castelnuovese, con un capitale sociale è di sole 13.000 lire. La prima opera realizzata fu la Casa del Popolo di Castelnuovo. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e l’azienda, almeno fino al 2015, ha continuato a lavorare a ritmo continuo, diversificando anche le attività. Tra i fiori all’occhiello, la costruzione degli Outlet Village e dei Company Store. Una parte degli utili sono stati riversati anche sul territorio, con il finanziamento di importanti restauri, come quello nel Museo della Basilica di S. Giovanni Valdarno. Inoltre, negli anni, la società ha collaborato con il Calcit ed ha donato mezzi di soccorso per il servizio 118 alle locali Misericordie.
Insomma, si chiude un’importante pagina di storia per il Valdarno. Ma adesso tutte le attenzioni dovranno essere rivolte a chi ha contribuito a scrivere questa storia, ovvero ai lavoratori.

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