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“Mithra, un Dio orientale in Valdarno”. Splendida mostra al Museo Mine di Cavriglia

E’ stata inaugurata il 27 maggio scorso al Museo Mine di Castelnuovo dei Sabbioni la mostra “Mithra, un Dio orientale in Valdarno”. Il gruppo scultoreo, rinvenuto per caso dietro alla Pieve del Capoluogo nel 1974, resterà esposto fino a dicembre e racconterà le origini remote del territorio anche attraverso immagini, disegni, video ed antiche mappe.
E’ una storia che risale al 1974 quella di “Mithra”. Era marzo e due ragazzi di Cavriglia, Gianni Grotti e Mauro Ferrucci, con un carretto a sterzo in legno, si misero a giocare lungo un cantiere di un’abitazione alle spalle della Pieve di San Giovanni, vicino ad un campo di olivi. Mentre correvano videro spuntare da un mucchio di terra nei pressi del cantiere un sasso bianco, troppo bianco per essere una pietra naturale. Si avvicinarono e capirono che non si trattava di un macigno qualunque, ma di una statua mozzata. Raffigurava un uomo a cavallo di un toro nell’atto di pugnalare la bestia al collo. Ma il pezzo era stato in parte distrutto e la scena non era ben riconoscibile.
I due ragazzi presi dall’euforia afferrarono la statua, la caricarono sul carretto e la portarono a casa. Il padre di uno di loro, stupito per la clamorosa scoperta, allertò i carabinieri, che si occuparono di far trasportare il pezzo presso il Museo Archeologico di Arezzo tramite la Sovrintendenza, per effettuare studi ed analisi approfondite. Da queste emerse che quella statua non era un pezzo qualunque, ma la prova provata che Cavriglia era stata presumibilmente fondata dagli antichi romani, forse su un avamposto etrusco. Già, perché quella statua raffigurava il “Dio Mitra nell’atto di uccidere il toro”, una scena topica e purtroppo nel corso dei secoli completamente dimenticata insieme al culto stesso della divinità. Mitra, che presenta molte analogie con la figura di Gesù Cristo, è un’importantissima divinità dell’induismo e della religione persiana, ma anche un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C.
Nel corso degli ultimi quarant’anni quella statua è stata depositata e conservata presso i magazzini del Museo Archeologico di Arezzo, ma mai esposta al pubblico. L’Amministrazione Comunale di Cavriglia, in collaborazione con la Sovrintendenza ed il Ministero ai Beni culturali, per la prima volta la esporrà nell’Auditorium del Museo Mine di Castelnuovo dei Sabbioni fino alla fine del 2017, in modo da diffondere la storia del Dio, del suo ritrovamento e delle origini romane di Cavriglia e del Valdarno. A curare il progetto allestitivo, la raccolta documentale e la ricerca storica, che all’interno della mostra illustrerà anche gli scavi di Alvaro Tracchi e del Comune di Cavriglia avvenuti negli anni sessanta e negli anni ottanta dietro alla Pieve di San Giovanni, e che riportarono alla luce le fondamenta di una strada e di una villa romana, sono state le archeologhe Stefania Berutti e Silvia Nencetti di Camnes, il Centro Internazionale di Ricerca, formazione e tutela per l’Archeologia del Mediterraneo e del vicino oriente, codiretto da Stefano Valentini.
“Finalmente il nostro progetto dopo tanto lavoro è arrivato a compimento – ha detto l’Assessore alla Cultura del Comune di Cavriglia Filippo Boni -. Grazie alla collaborazione con Soprintendenza, Ministero ai Beni Culturali e Istituto Camnes diretto da Stefano Valentini riporteremo a Cavriglia la statua della Tauromachia, il Dio Mitra che uccide il toro. Il gruppo è molto importante e racconta una storia perduta e dimenticata per troppi anni, ovverosia la storia romana di questo territorio, non solo di Cavriglia, ma anche di tutto il Valdarno. Quella statua – ha aggiunto Boni – sta a significare un concetto importante: il dio Mitra venerato soprattutto dalle milizie, originario del medioriente, indica che in quella zona esisteva un nucleo urbano abitato, forse una villa romana, o più di una, e che nell’ipogeo, in una costruzione sotterranea, si venerava questa divinità”.

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