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Truffe assicurative con falsi incidenti stradali. I Carabinieri di Figline chiudono una complessa indagine. 77 indagati

I Carabinieri della Compagnia di Figline e Incisa Valdarno hanno sgominato una organizzazione specializzata in frodi assicurative radicata nella Toscana centrale. Il nucleo operativo dei militari figlinesi ha infatti completato la notifica di 77 avvisi di conclusione delle indagini preliminari per altrettanto persone, indagate con l’accusa di “truffa assicurativa”.
Un provvedimento frutto di un’attività di indagine, denominata “Chianti Crash” diretta dalla Procura della Repubblica di Firenze ed avviata nel dicembre 2014. Le investigazioni hanno permesso di individuare un sodalizio criminale, radicato nella Val di Pesa, dedito alla consumazione di frodi assicurative mediante falsificazione di documentazione relative ad incidenti stradali.
La Procura fiorentina, concordando con quanto ricostruito dai militari dell’Arma, ha contestato agli indagati, a vario titolo, varie condotte illecite, perpetrate in un arco temporale che va dal luglio 2012 al febbraio 2015.
Nello specifico i protagonisti di questa vicenda dovranno rispondere, a vario titolo, di: “associazione per delinquere finalizzata alla frode assicurativa, mediante organizzazione di sinistri stradali simulati con confezionamento di falsa documentazione, false perizie infortunistiche, false relazioni mediche ed anche danneggiamento dei veicoli”; consumazione di 51 frodi assicurative; “tentata estorsione”, perpetrata in danno di uno dei co-indagati.
L’indagine ha preso origine dagli accertamenti svolti dalla Stazione Carabinieri di Greve in Chianti sulla tentata estorsione perpetrata da tre soggetti d’origine kosovara nei confronti di un loro connazionale (anch’esso poi risultato implicato nella consumazione delle frodi assicurative). Si è poi sviluppata mediante un’attività investigativa più ampia, permettendo di accertare l’esistenza dell’associazione per delinquere, avente base logistica a San Casciano Val di Pesa e sono state ricostruite con esattezza la pianificazione e l’esecuzione delle frodi consumate.
I vertici dell’organizzazione avevano la capacità di produrre sia false perizie infortunistiche che false relazioni mediche attestanti malattie inesistenti. Il “modus operandi” attraverso cui i reati venivano perpetrati prevedeva l’individuazione di soggetti che, dietro un compenso in denaro, fossero disposti a figurare come responsabili di falsi incidenti. Il passo successivo era quello di istruire questi soggetti affinché documentassero artificiosamente danni fisici inesistenti. A quel punto venivano individuati soggetti disposti a fornire false testimonianze e si provvedeva ad impiegare per i falsi incidenti autovetture non marcianti e già danneggiate, ma comunque provviste di coperture assicurative RC auto.
I piani erano capillari e tutto studiato a tavolino. Venivano infatti individuati particolari ed idonei tratti stradali con caratteristiche compatibili con i danni dei veicoli impiegati e prodotta la documentazione, anche attraverso esami diagnostici “di comodo”, delle false malattie derivanti dagli incidenti. Il perito assicurativo provvedeva poi ad avallare il tutto attraverso la propria attività di constatazione dell’effettività del danno. Venivano prodotte anche false perizie mediche, suffragate in larga parte da esami strumentali artefatti, con le quali venivano attestate e comprovate le false malattie e le inabilità derivanti dai sinistri simulati.
Diverse le figure professionali coinvolte nell’indagine: gli organizzatori del sodalizio, infatti, erano un carrozziere, un medico legale ed un artigiano albanese, che aveva il compito di individuare e reclutare soggetti predisposti ad effettuare false dichiarazioni, tutti residenti nella Val di Pesa, nonché un perito assicurativo di Firenze.
Inoltre, fra le persone che risultano indagate vi è anche un avvocato di Firenze, cui sono contestate due ipotesi di truffa (una tentata e una consumata) ma non il reato associativo, un medico di Prato ed uno di Firenze che, attraverso l’esecuzione di accertamenti diagnostici, contribuivano a rendere credibili le lesioni denunciate dalle parti coinvolte nei sinistri.
Le attività d’indagine hanno consentito di appurare che gli illeciti proventi conseguiti attraverso le frodi ammontano a circa 260.000 euro.

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