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Si spacciavano per falsi Carabinieri e raggiravano gli anziani: sgominata banda di truffatori

Si presentavano come rappresentanti delle forze dell’ordine, avvocati o agenti di società assicurative e truffavano gli anziani, facendo credere che un loro parente era rimasto vittima di un grave incidente stradale. Un classico della truffa che dal 2016 ha fruttato a una banda della provincia di Napoli un bottino di circa 200 mila euro, racimolato raggirando “nonni” in Toscana, Liguria, Umbria, Lazio, Abruzzo e Puglia.
Una vera e propria organizzazione smantellata dai Carabinieri della Compagnia di Arezzo che dalle prime ore di stamani, col supporto dei colleghi del Comando Provinciale del capoluogo campano, hanno arrestato dodici persone, 7 finite nel carcere campano di Poggioreale e 5 ai domiciliari, per “associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe a danno di anziani”.
L’attività investigativa era stata avviata nel novembre dello scorso anno dopo ripetuti episodi nel capoluogo e nelle vallate aretine che seguivano un copione prestabilito.
La vittima riceveva una telefonata da un sedicente Carabiniere per informarla che un parente, spesso figlio o nipote, aveva procurato un grave incidente stradale e per questo era stato fermato. Per avere conferma poteva chiamare il “112”, ma faceva in modo che la conversazione non fosse interrotta e passava la cornetta a un complice che confermava l’accaduto, chiedendo di pagare una “cauzione” di alcune migliaia di euro per liberare il congiunto ed evitare sanzioni penali o amministrative.
Il falso militare concludeva il colloquio avvisando che un avvocato o un incaricato dell’assicurazione sarebbe passato a ritirare il dovuto, da saldare in contanti e preziosi.
Durante le indagini è emerso che ogni indagato svolgeva un compito preciso: dall’organizzatore, che dirigeva il gruppo individuando le “prede” e distribuendo i compiti alla banda, agli incaricati della logistica, che reperivano “sim card”, spesso intestate a ignari soggetti stranieri, e noleggiavano le auto usate per gli spostamenti; dai telefonisti, che contattavano i raggirati da Napoli, agli emissari che si presentavano per le riscossioni. Due destinatari delle misure cautelari, infine, erano legati a un affiliato di un clan camorristico riconducibile all’ ”Alleanza di Secondigliano”.

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