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L’esempio di Pamela, colpita da una rara malattia, è arrivato nelle scuole di Incisa. Incontro con le quinte del Petrarca

La scuola non si occupa soltanto di educare alla lettura, alla scrittura e a imparare i numeri. In quel caso l’apprendimento rimarrebbe fine a se stesso. A scuola si hanno i primi approcci con la vita e con i problemi che ci pone. Attraverso alcune esperienze si possono comprendere le difficoltà del lungo cammino della nostra esistenza, ed è con l’educazione alla sensibilità che si formano i ragazzi del domani, facendo loro comprendere che non è importante quanto siamo diversi, ma quanto sia fondamentale capire le difficoltà altrui. D’altra parte anche il poeta francese Paul Valery dichiarava quanto fosse necessario doversi arricchire delle nostre reciproche differenze.
Ed è quello che successo proprio ieri presso la scuola elementare “Francesco Petrarca” di Incisa, dove due classi, la 5ᵃ A e la 5ᵃ B, hanno incontrato Pamela Pieralli, su desiderio dei bambini e delle insegnanti, che nei mesi scorsi si sono cimentati nella lettura del libro, da lei scritto, intitolato “Il peso di una briciola”.
Pamela, ad Incisa, è impossibile non conoscerla, anche perché da quel maledetto 29 marzo del 1999 convive con una malattia rara che la costringe sulla sedia a rotelle e a vivere con l’ausilio di un respiratore. Si tratta della malattia di Pompe, o glicogenesi di tipo 2, una patologia rara, e purtroppo cronica. Pamela, classe 1986, è incisana da sempre; chi la conosce si sorprende del suo ottimismo incrollabile. Nel 2003 fu realizzata una fiaccolata a cui partecipò una fiumana di persone, da tutta Italia, che presero a cuore il suo caso. Furono i primi tentativi di sensibilizzazione nei confronti della parte politica e fu chiesto al Ministro Girolamo Sirchia la possibilità di facilitare le cure di Pamela attraverso un farmaco speciale. Questa giovane incisana commosse migliaia di persone già dalla prima presentazione del libro avvenuta nel gennaio scorso, presso il Teatro Niccolini di Firenze.
Non poteva mancare l’incontro con la scuola, che a gran richiesta ha voluto conoscerla di persona.
Nell’aula magna del plesso, i 46 ragazzi delle due quinte si sono disposti in cerchio vicino a lei per arricchirsi, attraverso un fitto dialogo, stimolato dalle tante domande, anche di curiosità, che gli studenti le hanno posto. Pamela non era sola, ma accompagnata dai suoi genitori Lorella e Massimo; quest’ultimo, tra l’altro, è presidente dell’Associazione “Amici di Barberino”, che ogni anno realizza una serie di eventi, tra cene di solidarietà e concerti, oltreché eventi sportivi. Il ricavato di questi grandi esempi di umanità vanno a sostegno dell’ospedale Meyer di Firenze. Grazie agli “Amici di Barberino” sono stati raccolti dei fondi importanti, raggiungendo ottimi traguardi. Nel 2008, addirittura, fu realizzato un concerto con i “Nomadi” a Loppiano, al quale parteciparono oltre 3.000 persone e furono destinati al pediatrico fiorentino 30.000 euro. Ogni anno viene poi realizzata la “Bisteccata”, una cena sociale a base di carne, giunta ormai alla 17ᵃ edizione, che si tiene in luglio.

Pamela ha risposto a tante domande, ne abbiamo raccolte alcune che dimostrano la spontaneità, l’intelligenza, ma soprattutto la sensibilità degli alunni di fronte a un caso come questo.
Cosa ti ha portato a scrivere questo libro?
“Scrivere questo libro per me è stato importante. Era un momento particolare della mia vita, avevo bisogno di scrivere ciò che era stato il mio passato, la mia convivenza e la lotta con la malattia. Non mi importava – evidenzia Pamela – di spiegare le mie sofferenze agli altri, mi importava di lasciare dei pensieri ad un diario, un po’come il pensatoio di Harry Potter, in modo da poterli conservare e alleggerire la mia mente”.
Come sei riuscita a superare le difficoltà imposte dalla malattia?
“Con l’aiuto dei miei genitori che, oltre agli amici, mi sono sempre stati vicini. Loro mi davano coraggio.
Ti mancava la scuola quando eri in ospedale?
“Si. Perché non potevo vedere gli amici e non potevo studiare. Avevo bisogno di stare in compagnia dei miei compagni di classe”.
Cosa ti piace della scuola?
“Studiare. Perché è molto importante, io sono laureata in psicologia e lo studio, la lettura, scrittura compresa, mi hanno sempre aiutato a liberare la mente. Mi faceva stare bene. Ancora oggi, nonostante sia laureata, passo le mie giornate, oltre alle cure e alle terapie mediche, guardando film, serie tv e tanta lettura”.
Ti hanno mai fatta sentire diversa? I tuoi compagni di scuola ti prendevano in giro?
“Per fortuna no. Ma in realtà siamo tutti diversi. Io sono seduta sulla sedia a rotelle ma, anche io provo emozioni, sensazioni, amo vivere come tutti gli altri”.
Sappiamo che sei amante della danza e un tempo, quando avevi la possibilità danzavi…
“Amo molto la danza, mi piaceva tanto e mi emozionava il momento del saggio”.
Pamela, tra l’altro, ha accettato l’invito che le è stato formulato da alcune ragazze delle scuola, che le hanno chiesto di presenziare al loro saggio che si terrà a fine mese”.
L’intervento si è concluso con la consegna di un mazzo di fiori da parte degli studenti e delle insegnanti a Pamela. Massimo, invece, ha donato alle classi dei braccialetti con la scritta “Meyer” a sostegno della ricerca. Un esempio, il loro, che serve a non arrendersi mai di fronte alle tante difficoltà che la vita ci impone.

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