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Arresto cardiaco: “Defibrillatori anche nei condomini e nei quartieri”. L’appello di Massimo Mandò

Sono 55 i casi di arresto cardiaco registrati dal 118 aretino dall’inizio dell’anno. Nella metà dei casi, la rianimazione cardiopolmonare ha avuto esito positivo e un quarto del totale dei pazienti sono usciti dall’ospedale in buone condizioni. E la Asl torna a sottolineare l’importanza e il ruolo dei defibrillatori posizionati nei luoghi pubblici. La maggior parte delle persone defibrillate ha più possibilità di sopravvivere ed è per questo che il Dipartimento di Emergenza-Urgenza della Asl Toscana sud est continua a sensibilizzare la comunità aretina sull’installazione dei defibrillatori nei luoghi di aggregazione.
“In caso di arresto cardiaco nei luoghi pubblici – spiega Massimo Mandò – è dimostrato che la sopravvivenza è più alta. Primo, perché la persona viene vista subito e vengono allertati i soccorsi; secondo perché abbiamo una rete di defibrillatori che consente interventi veloci, anche e soprattutto grazie ai cittadini. La centrale del 118 infatti guida la persona che chiama e la aiuta nelle manovre necessarie, in attesa che arrivi il personale sanitario sul posto. Per questo motivo, vedendo come è aumentata la possibilità di sopravvivenza, ci raccomandiamo affinché sempre più defibrillatori siano presenti nei luoghi pubblici. Ma non solo. Anche i condomini e i quartieri dovrebbero esserne provvisti perché sono lo strumento salva-vita di cui non si può più fare a meno. Questo progetto, che stiamo portando avanti con la Fondazione Cesalpino, rappresenta un salto di qualità che vogliamo garantire ai nostri cittadini perché il 60% degli arresti cardiaci avviene in casa”.
Il Dipartimento di Emergenza Urgenza sta lavorando da tempo per garantire l’efficienza della rete che riesce a dare ottimi risultati grazie alla competenza ed efficienza di un intero sistema: cittadini educati sul dare l’allarme al 118 e prestare le prime manovre di soccorso, guidati dalla centrale operativa che attiva e coordina prontamente tutte le risorse necessarie per il completamento di un percorso già ben delineato; i defibrillatori diffusi sul territorio in maniera capillare; il personale delle associazioni di volontariato, che sui mezzi di soccorso di base spesso per primi raggiungono il paziente e iniziano la rianimazione cardiopolmonare per la quale hanno seguito uno specifico percorso formativo; i sanitari del 118 (medico o infermiere che sia) che completano la stabilizzazione del paziente grazie a manovre e terapie per le quali sono stati adeguatamente formati e, in sinergia con la Centrale, indirizzano il paziente verso l’ospedale più adeguato, che possa fornire le giuste chance terapeutiche; la collaborazione con le strutture ospedaliere, in particolare con i pronto soccorso, le Terapie Intensive e le Unità Coronariche, basata sulla condivisione di specifici percorsi diagnostico-terapeutici; infine l’implementazione continua di nuove tecnologie come i massaggiatori meccanici appunto, che consentono una miglior qualità della rianimazione cardiopolmonare ma soprattutto rendono possibile il trasporto del paziente in ospedale senza la sospensione della stessa.

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