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Lettera di un macellaio toscano ai consumatori di carne rossa. “La qualità dei nostri prodotti la vostra garanzia”

Generalizzare è dannoso. Anche perché una bella bistecca alla fiorentina, magari accompagnata da un buon vino rosso, non ha mai fatto male a nessuno. La bufera scatenata dagli ultimi studi pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha indicato nella carne rossa lavorata una causa possibile dell’insorgenza dei tumori, ha mobilitato non solo i produttori, ma anche i commercianti. Anche perché il polverone rischia di creare sconquassi in un settore da sempre trainante. Gli ultimi dati di Confesercenti, da questo punto di vista, sono allarmanti. Le macellerie tradizionali, infatti, avrebbero subito un calo delle vendite di carni rosse del 20%. Il problema, però, almeno in Toscana, non è solo economico. La carne, infatti, rappresenta un cult per l’enogastronomia del Granducato e nessuno, almeno da queste parti, rinuncia ad una bella bistecca. Per questo nelle ultime ore Alberto Rossi, presidente della Federcarni di Confcommercio Toscana, ha preso carta e penna e a scritto una lettera aperta a tutti i consumatori toscani, denunciando un clima di allarmismo ingiustificato. . “Si sta generalizzando – ha detto Rossi – passando dall’hot dog al prosciutto, dalle salsicce alle carni rosse lavorate, e i titoli attaccano anche la carne rossa in genere. Leggendo meglio si capisce che le carni incriminate in realtà sono soltanto quelle lavorate cotte a lunga conservazione: würstel, insaccati, salumi trattati con conservanti e prodotti chimici”. In realtà i toscani non sono abituati a mangiare, magari di buon mattino, una pancetta affumicata chimicamente. Casomai prediligono un buon salame e un bicchiere di vino. E qui emerge la qualità. “ Nelle nostre botteghe artigiane , piccole ma di grande professionalità, sui nostri banchi, preparati con cura certosina, non troverete mai prodotti conservati dubbi e nocivi – ha scritto Rossi nella lettera – , ma soltanto carni fresche provenienti da piccoli allevamenti locali che producono pochi capi con criteri tradizionali e finalizzati esclusivamente alle macellerie”. Sono carni sane dalle quali vengono ricavati ottimi pronti a cuocere che hanno un massimo di cinque giorni di scadenza, oppure carni cotte in proprio che devono esser consumate entro i tre giorni. Senza dimenticare gli insaccati freschi come le celebri salsicce toscane, preparate minimo due volte a settimana o gli insaccati stagionati con piccole partite che vanno da 20 a 50 kg di prodotto. “ Vuoi per la qualità delle carni, vuoi per i tempi di consumo – ha aggiunto Rossi – queste nostre carni lavorate non hanno alcun bisogno di conservanti,nè tantomeno di prodotti chimici. Le comunicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono di grande importanza per dissuadere da abitudini scellerate chi è tentato dal prezzo contenuto, acquistando prodotti inscatolati di dubbia provenienza e qualità scadente”. Insomma, il messaggio dei macellai toscani è chiaro. A volte vale la pena spendere un euro in più per acquistare un prodotto sicuro, sano e tracciato. Ora più di prima.

 

Nelle foto, Alberto Rossi, presidente di Federcarni Toscana, il macellaio più famoso d’Italia, Dario Cecchini e un gruppo di macellai in Piazza Grande ad Arezzo[images_grid auto_slide=”no” auto_duration=”1″ cols=”three” lightbox=”yes” source=”media: 12867,12865,12868″][/images_grid]

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