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La Fondazione “Riconoscersi Onlus”. “Le istituzioni pensino anche alle persone con disabilità”

La Fondazione “Riconoscersi Onlus” di Arezzo realizza e promuove solidarietà sociale a favore di soggetti con disabilità psichiche e motori ed è intervenuta per sottolineare come è stata gestita questa drammatica fase della nostra storia e come è cambiato il mondo all’interno delle famiglie che hanno al loro interno persone con disabilità. Ma soprattutto è stato lanciato un appello alle istituzioni perchè non lascino queste persone sole e vengano affrontate tutte le criticità del post emergenza coinvolgendo le famiglie, le associazioni e gli operatori.
“D’improvviso – ha spiegato la Fondazione – tutte le attività si sono necessariamente interrotte; sono spariti i Centri Diurni, le associazioni di volontariato, le cooperative che svolgevano i servizi di assistenza domiciliare, le uscite per la ginnastica o la fisioterapia o la piscina; sono spariti gli operatori, gli orari e le abitudini conquistate in anni: quindi sono scomparse le relazioni, le regolarità, le occasioni d’incontro. Oggi, dopo due mesi,possiamo dire che è sparito l’ordine delle giornate che era generatore di senso, e a volte di equilibrio ritrovato. Forse, dall’inizio – ha proseguito la Onlus – c’è stato quasi il sapore della novità e per qualche famiglia la sensazione del rifugio, della difesa da un esterno pauroso e difficilmente comprensibile
Poi i giorni hanno iniziato a passare, sono diventati settimane e l’emergenza è diventata quasi un modo di vivere, con una separazione crescente da qualsiasi occasione con gli altri, col mondo di fuori. Una disabilità dentro la disabilità”.
“E’ cosi – ha aggiunto la Fondazione – è subentrata la stranezza di una ripetizione sempre più stanca, il peso di un isolamento inspiegabile, quasi impossibile da spiegare ad un figlio disabile che magari negli anni era stato stimolato ad uscire, a sorridere al mondo di fuori. Poi arriva il momento dell’irrequietezza, spesso l’irritazione, e appare sempre più evidente il rischio della regressione: cioè di perdere via via quello che era stato conquistato, quell’insieme di crescita,autostima e autonomia generato dai percorsi inclusivi e formativi di anni. In altri termini, comincia a prefigurarsi una criticità, di difficile gestione, provocata in parte dall’isolamento sociale (come per tutti) e in parte dalla cesura col mondo di prima, della sempre più prolungata mancanza di attività, stimoli, esperienze e relazioni”.
L’associazione ha quindi ricordato che tutti hanno sofferto questa emergenza, ma i disabili l’hanno sofferta doppiamente e le famiglie sono consapevoli di presentare problematiche che potranno essere giudicate irrisolvibili in questo momento, o destinate a finire in coda a tante priorità, perché ora c’è da gestire l’emergenza , il contagio, l’economia.
La Fondazione Riconoscersi, fedele allo spirito che la origina e la rende uno strumento concreto a supporto delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ha voluto però rivendicare il loro diritto a non essere considerati sempre gli ultimi, nella didattica a distanza, nell’assistenza domiciliare e magari nella lista delle priorità per le terapie intensive e che si possa e si debba iniziare a “metterci le mani”, per diritto e per giustizia.
“Siamo consapevoli che qualcosa si può iniziare a fare, a pensare,a tentare; siamo inoltre consapevoli che non possiamo permetterci di indebolire percorsi e patrimoni di crescita che sono pur sempre patrimoni collettivi; e che bisogna vigilare perché sui cittadini con disabilità non cada quel tristissimo velo di pietismo e fatalismo che abbiamo visto per le RSA, per gli anziani, per tante persone con fragilità. Dobbiamo iniziare presto, prestissimo – ha detto l’associazione – ad affrontare la questione della disabilità, e non solo “dopo” ma anche “durante” l’emergenza. In totale spirito di collaborazione e assicurando la piena disponibilità della Fondazione, chiediamo a tutti coloro che, per ruolo istituzionale, gestiscono questa fase della nostra vita, di incominciare a pensarci fin d’ora, coinvolgendo le famiglie,le associazioni, gli operatori”.
Ed ecco le proposte: intanto capire chi e come farà la “conta dei danni”; confrontarsi su come sia possibile fronteggiare il pericolo della regressione; provare ad immaginare interventi “nuovi”, magari individualizzati e non necessariamente di gruppo; capire se siano possibili brevi uscite per interrompere la prolungata chiusura domestica; verificare la riapertura dei centri, anche con intensità e presenze ridotte, scaglionate; affrontare le problematiche della sicurezza (test,mascherine etc.) per la persona disabile, per gli operatori ma anche per le badanti e le assistenti familiari, figure importanti in questo periodo (alle quali dovrebbe essere riconosciuta una funzione non diversa dal personale impegnato in altri contesti di fragilità); concordare protocolli in caso di urgenze di tipo medico; progettare il recupero dei percorsi scolastici; verificare il rispetto della sicurezza per gli inserimenti lavorativi; immaginare una qualunque modalità di “sollievo” per le famiglie che da sole hanno affrontato tutto questo periodo….
La Fondazione Riconoscersi ritiene che occuparsi fin da ora – da subito- di questi argomenti , offrirebbe a questi cittadini la percezione della volontà di presa in carico da parte della comunità e potrebbe interrompere la faticosa sensazione di un doppio isolamento per le famiglie con persone disabili. “Sarebbe un segnale di civiltà e di giustizia”.

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