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Sanità: in Valdarno entra in azione l’infermiere di famiglia

Al via in Valdarno la sperimentazione di un nuovo servizio sanitario, l’infermiere di famiglia e comunità, personale esperto, già in organico Asl, e che ha seguito appositi corsi di formazione.
L’IFC, questo l’acronimo che individua la nuova figura, lavorerà in stretta sinergia con il medico di medicina generale, il pronto soccorso, i servizi sociali e territoriali “per realizzare – ha ricordato stamani Simona Dei, Direttrice Sanitaria della Asl Tse – un’unica presa in cura soprattutto delle persone fragili e utilizzerà le proprie competenze in ambito educativo, preventivo e curativo per ottimizzare l’utilizzo di risorse e strumenti presenti nella famiglia”.
“L’infermiere di famiglia intercetta rapidamente i bisogni, attraverso anche la valutazione degli elementi di rischio, avvalendosi delle risorse di comunità – ha spiegato Lorenzo Baragatti, Direttore del Dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche della Asl Tse – e si fa garante della presa in carico lungo l’intero percorso assistenziale e nella continuità delle cure. Cura il monitoraggio dello stato di salute degli assistiti, con visite domiciliari, monitoraggi telefonici, telemedicina, l’educazione dei care giver e svolge programmi di supporto all’autocura consentendo l’accesso precoce e appropriato ai vari servizi presenti sul territorio, presidia i passaggi di setting assistenziale, con particolare riguardo agli aspetti più critici della continuità delle cure. Persegue gli obiettivi definiti dal nuovo modello di sanità di iniziativa. Inoltre opera secondo una logica multiprofessionale garantita dai piani assistenziali personalizzati per rispondere al bisogno globale del singolo assistito, superando così la logica tipicamente prestazionale, in raccordo diretto con il medico di medicina generale, il medico di comunità, gli assistenti sociali, i professionisti della riabilitazione”.
Tre i livelli di operatività: “Il primo è il suo rapporto individuale con le famiglie di cui diventerà, ovviamente insieme al medico di base, un punto di riferimento personale. Il secondo – ha proseguito Baragatti – è quello di gruppo, attraverso interventi che si rivolgono a più persone organizzate in funzione di specifici bisogni di salute. Infine il livello comunitario con azioni preventive e educative rivolte alla popolazione. La collaborazione tra più professionalità crea le condizioni per il Piano assistenziale integrato e personalizzato”.
“La nostra Asl – ha commentato il Direttore generale, Antonio D’Urso – crede fortemente nel ruolo dell’infermiere di famiglia. E l’approccio messo in atto sia dall’Ordine dei medici sia da quello degli infermieri, rafforza e convalida questa impostazione: nessun antagonismo ma una sintesi positiva che aumenta la qualità dei servizi per le persona e rassicura l’Azienda sanitaria”.
Giovanni Grasso, Presidente dell’Ordine degli infermieri di Arezzo e Coordinatore toscano della categoria, ha sottolineato come “il modello dell’infermiere di famiglia si è positivamente affermato in ogni realtà italiana dove è stato sperimentato. Il confronto con l’Asl Toscana sud est è fondamentale perché il progetto possa ulteriormente migliorare, rafforzando l’integrazione con l’Assistenza Domiciliare e il Medici di medicina generale”. E il Presidente provinciale di quest’ultimi, Lorenzo Droandi ha ricordato “come da anni il nostro Ordine sollecitasse interventi sul territorio, rafforzando soprattutto il personale. Il medico di medicina generale non può fare tutto da solo e l’infermiere di famiglia aiuterà nella cura delle persone e collaborerà alla risposta delle persone che hanno bisogno di essere prese in carico e accompagnate nei loro percorsi di cura”.

Previste 133 nuove assunzioni nell’intera Asl Toscana sud est con 8 infermieri ogni 50.000 abitanti: 55 nella provincia di Arezzo.

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