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Il settore terziario toscano piegato dal Covid: il 72% delle imprese non sopravviverebbe ad un nuovo lockdown

Come era ampiamente prevedibile il lockdown della scorsa primavera ed il perdurare dell’emergenza Covid fino alla durissima seconda ondata di queste settimane hanno rappresentato un terribile shock per l’intera economia. Non è un caso infatti che per la prima volta in dieci anni il terziario della nostra Regione ha vissuto un brusco stop: l’apertura di nuove attività si è dimezzata rispetto al 2019 (-51%), nel turismo è calata addirittura del 67%. Un dato che porta in negativo il saldo fra nuove imprese e imprese cessate: a metà 2020 ne mancavano all’appello 1.800 rispetto allo stesso periodo del 2019. Questi numeri così negativi sono dovuti essenzialmente al collasso dei consumi che si attesta sulla cifra di circa 12 miliardi di euro di (-13,8%, peggio della media nazionale del -10,9%) trainati ancora più  in basso dal settore turistico che ha segnato un drammatico -59% di arrivi ed un -61% di presenze. Dai dati si rileva inoltre che, mentre le nuove imprese faticano a nascere, quelle esistenti restano col fiato sospeso, soprattutto se operanti nella filiera turistica e nel commercio no food. Per queste attività, nonostante una debole ripresa nei mesi estivi che però non è stata sufficiente a guadagnare quanto perduto dalla scorsa primavera, è atteso un futuro tutt’altro che roseo. Le previsioni per i prossimi mesi sono improntate al pessimismo: il 72% degli operatori intervistati ha dichiarato di non essere in grado di reggere un nuovo lockdown. Il 57% si è detto in difficoltà nel rispettare le scadenze fiscali. Non a caso, il primo intervento che le imprese del terziario della Toscana chiedono al nuovo governo regionale riguarda proprio la sfera fiscale, il credito, la finanza agevolata. Anche sul fronte della liquidità, la ripresa è ancora lontana. È cresciuta la quota di imprese che hanno fatto domanda di credito nel periodo compreso tra aprile e settembre (sono state il 42%). E, dopo le difficoltà che hanno caratterizzato i primi mesi, in due casi su tre la risposta degli istituti di credito è stata positiva grazie anche all’entrata in vigore del Decreto Liquidità. A peggiorare lo scenario, le prospettive occupazionali: già 104mila le assunzioni in meno del terziario rispetto al 2019 (-51% solo nel turismo, per lo più a causa del blocco degli stagionali), ma la situazione è destinata a peggiorare notevolmente quando cesserà il divieto di licenziamento.

Questi allarmanti dati emergono dall’Osservatorio congiunturale sul terziario toscano nel terzo trimestre 2020, curato da Format Research per Confcommercio Toscana che ricordiamo raccoglie oltre 212mila imprese , in pratica il 65% del tessuto imprenditoriale extra-agricolo regionale. Sulla gravità di questi numeri si sono espressi la presidente dell’associazione di categoria Anna Lapini, il direttore Franco Marinoni:”Il Covid ha cancellato con un colpo di spugna almeno trenta anni di sviluppo economico, in Toscana come nel resto d’Italia, rimettendo in discussione i modi consueti di fare impresa. In questi mesi ho visto tanti imprenditori rimboccarsi le maniche per affrontare il nuovo scenario. Molti si sono indebitati per mettere a norma di sicurezza i propri locali, tanti hanno approfittato del momento anche per trovare nuovi modelli di business: c’è chi ha spinto l’innovazione digitale per trovare modi nuovi di stare in contatto con i clienti, fra web e social. Chi ha puntato sulle consegne a domicilio, chi su forme di lavoro agile. Ma i conti non tornano ugualmente perché il mercato è fermo e perfino essere resilienti diventa sempre più difficile. La Presidente Lapini  ha poi lanciato un accorato appello alle Istituzioni:”“è molto umano sommare paura a paura, ma non possiamo lasciare spazio alla sfiducia. Per questo chiediamo alle istituzioni, locali come nazionali, di fare quanto possibile per non lasciarci soli a scontare sulla nostra pelle, e su quella dei nostri dipendenti, le conseguenze di una crisi certo imprevedibile e inaspettata, ma che dobbiamo affrontare insieme, senza lasciare indietro nessuno. Anche perché in ballo non c’è solo il futuro del terziario, ma anche quello delle nostre città, che prive della rete distributiva e di accoglienza garantita dalle nostre imprese perderebbero la propria anima”.

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