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In questi giorni è stata ricordata l’alluvione del ’66. Il Valdarno è sicuro? Cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare

In questi giorni ricorre l’anniversario della terribile alluvione del 1966, che devastò alcune zone della Toscana, tra cui il Valdarno. L’evento naturale  più disastroso dal dopoguerra, che ancora oggi i nonni raccontano ai nipoti. Da allora la vallata è più sicura? Decisamente si, ma non ancora in maniera definitiva. L’evento di 54 anni fa  è considerato duecentennale e fu assolutamente straordinario, soprattutto perché la pioggia cadde incessante per giorni interi. Oggi il clima è cambiato. Ci sono fenomeni più localizzati, di grande intensità ma più brevi. Inoltre rispetto al ’66 abbiamo un piano di protezione civile che allora non c’era. Venendo alle opere, l’alluvione di metà anni sessanta, in Valdarno, fu provocata non tanto dallo straripamento dell’Arno, quanto dall’esondazione degli affluenti.
Da questo punto di vista sono stati eseguiti interventi di arginatura in molti torrenti. Alcuni lavori di una certa rilevanza sono stati poi fatti, ma c’è ancora da intervenire, ad esempio, sul sistema delle casse di espansione e sulla diga di Levane e la Penna. Per quanto riguarda il primo aspetto, sono state realizzate, in questi anni, le casse di espansione sull’Ambra, sul Lusignana e alla Penna di Terranuova. Restano da realizzare quelle sul Trove, a Scrafana e al Pestello. Poi c’è  la questione della cassa di Valdilago a Levanella, con la  pubblicazione, nei mesi scorsi, sulla piattaforma regionale Start del bando di gara. L’intervento più massiccio è legato però all’innalzamento della diga di Levane, che costerà svariati milioni di euro. L’iter procedurale sta andando avanti. Prevista una laminazione di circa 9 milioni di metri cubi stimati in modalità statica, e un abbattimento del picco di piena a fronte di una portata entrante di circa 2650 mc/s, pari a circa 750 mc/s.
L’opera consentirà anche di diminuire i battenti idrici a valle della diga e una più efficiente immissione di tutti gli affluenti. Interesserà una popolazione di oltre 100mila abitanti, con il Valdarno in primo piano. Per quanto riguarda la diga della Penna, Il piano prevede l’adeguamento degli scarichi di fondo per aumentare la capacità di smaltimento delle acque e la ripulitura dei sedimenti fangosi. Importante anche la manutenzione che ha portato avanti, in questi anni, il Consorzio di Bonifica Alto Valdarno.  Dopo aver ultimato gli interventi di manutenzione dei corsi d’acqua nei centri di Montevarchi e San Giovanni, adesso gli operai sono impegnati nel comune di Bucine e a Terranuova. L’obiettivo è quello di completare il piano delle attività del 2020, operazione da oltre 1.200.000 euro che complessivamente interesserà più di  150 km di corsi d’acqua.
Nel frattempo è stato sottoscritto da vari enti, tra cui il comune di San Giovanni, un manifesto d’intenti definito “Un patto per l’Arno”. Si tratta di un percorso partecipativo che porterà alla definizione e alla stesura di un vero e proprio “contratto di fiume”. L’obiettivo è quello di tutelare una corretta gestione delle risorse idriche, valorizzare il territorio e l’ecosistema fluviale e salvaguardarle dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale delle aree attorno al fiume. Il tutto nell’ottica dell’idea di un Arno pulito, sicuro, da vivere e da promuovere. Il percorso è stato avviato dall’autorità di bacino distrettuale dell’appennino settentrionale in accordo con i consorzi di bonifica territorialmente competenti.

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