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La Cna di Arezzo dà “la sveglia” al Governo. “Siamo bloccati e il lavoro collassa”

Nuovo grido d’allarme della presidente della Cna di Arezzo, la valdarnese Franca Binazzi, che ha chiesto senza mezzi termini al Governo un cambio di passo sia sul fronte dell’emergenza sanitaria e dei colori delle regioni, sia sul fronte dei ristori per le aziende. In una settimana la Toscana è passata da zona gialla ad arancione e poi rossa. “Imprese e cittadini – ha detto la Binazzi – non possono rincorrere i provvedimenti d’urgenza: così facendo non si fa che aggiungere incertezza ad incertezza. Riguardo poi ai contributi per le imprese, bisogna uscire una volta per tutte dalla logica dei codici Ateco e concedere soldi a fondo perduto per tutti, in base alla diminuzione di fatturato, unico strumento che effettivamente fotografa l’andamento delle imprese. Il riferimento – ha proseguito la Cna – non può essere limitato allo scorso mese di aprile, ma deve tenere in considerazione un periodo più congruo, considerando la ciclicità di molti settori dell’economia. Parallelamente occorre provvedere alla cancellazione, e non al rinvio, del pagamento delle tasse almeno fino a primavera”.
Un appello, quello di Franca Binazzi, che arriva alla vigilia di alcune scadenze come l’Iva mensile e i contributi per i dipendenti. “Decreto dopo decreto – ha proseguito – continuiamo ad essere ancorati ad una gestione emergenziale. Gli imprenditori non sanno che futuro li aspetta, non sanno come e quando potranno riorganizzare l’azienda, di fatto siamo bloccati e il lavoro collassa. Le nostre imprese vivono del fatturato, di ciò che entra in azienda ed ora il lavoro è congelato. Basti guardare i dati dell’export aretino del primo semestre: oreficeria – 44%, pelletteria – 30%, tessile e abbigliamento 21%”.
La Cna ha sottolineato che questi dati drammatici sono il risultato di un blocco della produzione non essendoci più mercati esteri in grado di assorbirla, ma lo stesso vale per il mercato interno. “L’allargamento delle restrizioni – ha proseguito la presidente – rende superflua la distinzione tra le attività chiuse per ordinanza e quelle che, pur rimanendo aperte, vedono il proprio giro d’affari fortemente ridimensionato. Il crollo della domanda sta interessando segmenti sempre più ampi di mercato, tutto il nostro tessuto artigianale fortemente connesso con il territorio, comprese le attività che, data l’impennata dei contagi, lavorano a ritmi rallentati per effetto di isolamenti e quarantene”
L’associazione di categoria ha sottolineato che la contrazione prolungata di lavoro determinerà una forte riorganizzazione aziendale e mancanza di liquidità. “In questa situazione, in cui la manovra 2021 da 38 miliardi comporterà 20 miliardi di scostamento di bilancio, con la contrazione del Pil 2020 pari al 10%, mi chiedo perché il ricorso agli ammortizzatori sociali debba riguardare solo i privati – ha proseguito – – Perché l’unica misura applicata al settore pubblico è lo smart working con gli effetti sull’operatività degli uffici che tutti noi sperimentiamo quotidianamente? In più le nostre imprese continuano a registrare ritardi ingiustificati e inaccettabili sul trasferimento delle risorse per il sostegno al reddito dei lavoratori. Quelli dell’artigianato hanno ricevuto solo le prestazioni del mese di giugno e siamo già a novembre”. Insomma, occorre un cambio di passo.

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