L’incertezza percepita, da un lato può rendere l’uomo più fragile ed insicuro, ma anche la “certezza” non è sempre sinonimo di forza e sicurezza, anzi. Già il fatto che la vita terrena abbia un inizio e una fine (e dunque una certezza assoluta questa), determina in modo inconsapevole tutta una serie di nostri comportamenti in controtendenza.
Quante volte nel corso della nostra vita affrontiamo le cose sapendo quali poi possono essere o non essere gli sviluppi ed i risultati stessi? Parliamo, e non solo nello sport, di imprese al limite dell’impossibile…e poi ancora amori tormentati ed insicuri rincorsi fino alla fine, decisioni anche importanti prese non sempre con la calcolatrice…un investimento, un cambio di lavoro o di residenza e altro ancora. Tutte cose che appaiono più dominate dall’incerto che dal ..certo.
Ed allora io credo sia più corretto dire come l’essere umano abbia più bisogno di essere rassicurato che non di avere dentro di sé la certezza assoluta (ma esiste…davvero?”)
Un esempio oggi sottomano ce lo dà il lockdown che ci ha visto forzatamente rinunciare a molte cose della nostra quotidianità, in cambio apparente di una maggiore sicurezza. Trascorrere gran parte della nostra giornata fra le mura domestiche e lontano dalla gente ci dà un immunità maggiore verso la malattia e dunque una maggiore certezza.
Che però provoca insoddisfazione, disagio, maggior senso di insicurezza e instabilità.
Pur timorosi del contagio, nella quiete delle nostre stanze, sogniamo i nostri hobbies: andare in montagna, fare un bagno al mare, ma anche tutte le cose in apparenza innocenti eppure statisticamente più pericolose del virus. Ma le pensiamo avulse da ogni rischio e altro.
E così se da un lato abbiamo il diritto di pensare a cose più o meno “certe “(il vaccino per esempio), speriamo davvero in tempi brevi di ritrovare tutte le nostre bellissime incertezze che fanno parte dell’ esistenza. E guai se così non fosse. Buon anno!