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“Barricati” in casa per difendersi dall’inquinamento ambientale. La storia di una famiglia di Cavriglia

Hanno applicato pannelli di truciolato ad alcune finestre e porte per tentare di difendersi dall’inquinamento ambientale che provoca irritazione alle mucose e problemi respiratori. Accade nella zona industriale di via della Minierina, nel comune di Cavriglia, vicino alla frazione di Meleto. Ai margini dell’insediamento che ospita numerose aziende sorge la colonica abitata da 50 anni dalla famiglia Gloter, madre, padre e due figli. Ed è uno di loro, Luca, a raccontare l’odissea cominciata alle soglie del lockdown e della quale, nonostante sollecitazioni, esposti, segnalazioni e sopralluoghi non riesce a vedere la fine.
“Abbiamo iniziato ad avvertire uno strano odore. In un primo momento pensavamo a qualche muffa sulle pareti antiche che sono state sanificate, areando spesso i locali. Tutto inutile, anzi la situazione peggiorava ogni giorno con alterazione del gusto e la secchezza delle labbra. E’ come se rimanesse in bocca qualcosa di metallico che irrita la gola e causa raucedine e tosse”. E a risentirne di più, spiega Luca, è il babbo di 78 anni cardiopatico e con difficoltà respiratorie.
“E’ un problema che non si presenta con cadenza quotidiana – precisa – ma è frequente al punto da costringerci a non aprire mai le finestre e a uscire anche in giardino indossando la mascherina e non certo per il coronavirus”. Insomma, un calvario che si era acuito con la bella stagione, inducendo i Gloter a costruire una capanna di fortuna lontana dalle fabbriche dove dormire e respirare a pieni polmoni. Nel tempo, com’è logico, la famiglia ha cercato di individuare le cause e di scovare il fattore inquinante e si è mossa contattando gli enti preposti a occuparsi di questioni ambientali. Senza ottenere, almeno finora, l’esito sperato. “E’ un rimpallo continuo di competenze – viene ricordato – fin da quando il 15 giugno scorso abbiamo presentato un esposto all’Arpat, inviato per conoscenza alla Polizia Municipale, che ha svolto degli accertamenti nella zona, e all’amministrazione comunale. Passa un mese e mezzo e interviene l’Agenzia regionale per l’ambiente, ma la situazione non migliora. Anzi ci hanno scritto che se le sostanze provocano conseguenze per la salute la competenza è della Asl. E così il 21 agosto, il 7 settembre e il 20 ottobre ho inoltrato all’azienda sanitaria altrettanti esposti, tutti ignorati”.
Ma Luca non si arrende e prima di Natale invia una nuova mail ricevendo come risposta che in materia di emissioni odorigene è competente per l’appunto l’Arpat. Un ping pong da far girare la testa e tuttavia il giovane non demorde e il 16 dicembre scrive ancora una volta alla Asl che due giorni invia due ispettori: “Hanno detto che stanno aspettando i risultati delle analisi Arpat e nel frattempo hanno sperimentato di persona cosa si prova e come siamo costretti a vivere. Speriamo che possano finalmente aiutarci. Per ora restiamo chiusi in casa e purtroppo se non cambiano le cose dovremo lasciarla per non rischiare di ammalarci, dopo aver speso tanti soldi e fatica per adeguarla alle esigenze di mio padre invalido con difficoltà di deambulazione”.

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