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Storie e racconti di Massimo Pandolfi. “Quando i figlinesi venivano chiamati “cisposi”. L’arrivo al Serristori del dottor Ciuti

Proseguono i racconti del dottor Massimo Pandolfi, figlinese doc, su storie e leggende della città di Figline, che vengono pubblicati anche sul nostro portale Valdarno 24. Oggi Pandolfi ci parla dei rapporti con i “vicini di casa”

I CISPOSI

“Ci fu un tempo, nemmeno poi così lontano, in cui i figlinesi venivano chiamati “cisposi” dagli abitanti dei paesi limitrofi. Specialmente i sangiovannesi erano specializzati nel motteggio, specialmente negli scontri sportivi, sia sui campi di basket che nelle sfide calcistiche. Un imprenditore sangiovannese, quando chiese consiglio al padre sull’acquisto di alcuni terreni a Figline, si sentì rispondere che “a Figline non c’era altro che nebbia, fiaschi e miseria”. L’uomo non ascoltò il genitore e con la lottizzazione dei terreni divenne ricco. Comunque, l’origine del termine così dispregiativo ha una sua ragione sanitaria e forse storica. Figline era una area endemica (termine che indica lo sviluppo contenuto ad un’area di una malattia infettiva) di congiuntivite da inclusi, causata da un perfido batterio chiamato Chlamydia Trachomatis, che con il fastidioso prurito che causava agli occhi provocava lo sfregamento che aggravava la situazione, con escrescenze oculari che portavano a possibili inconvenienti e che si trasmettevano facilmente, condividendo l’uso del fazzoletto con cui si detergevano gli occhi.
Questo avveniva specialmente nelle campagne, dove era facile detergersi il sudore usando la pezzola (pezzo di stoffa talora colorato, usato come fazzoletto), che poi passava di mano in mano, di occhio in occhio. Non succedeva solo nei campi, ma anche nelle attività dentro il paese. Fu così che il Conte Umberto Serristori (era un Tozzoni ma per volere dello zio Alfredo , per regio decreto, fu autorizzato a portare il cognome della madre), dopo essere rientrato in possesso della villa di San Cerbone, decise di spostarvi la sede dell’Ospedale di Ser Ristoro. La morte del vecchio primario, il dottor Bottai, poco dopo l’inaugurazione, lo costrinse a cercare un nuovo direttore e la scelta cadde sul dottor Giulio Ciuti, che fra le altre specializzazioni aveva quella di oculista.
Nel resoconto che nel 1893 il solerte medico presentò al patrono dell’Ospedale, risultava che una gran parte dei ricoverati era affetto dalla “cispa” e così si dedico a estirpare la malattia, istituendo uno speciale ambulatorio e istruendo i medici condotti alla pratica delle medicazioni. La malattia scomparve da Figline, ma il soprannome di “cisposi” rimase attaccato agli abitanti, termine canzonatorio che certamente ha provocato più di una scazzottata. La leggenda e la storia (Tito Livio) vogliono che Annibale transitasse “nelle zone paludose sotto Fiesole per arrivare al Trasimeno” e che proprio in queste zone perdesse un occhio per una strana malattia. Hai visto mai che il generale cartaginese fosse un cisposo e che per sua sfortuna fosse passato dalle nostre parti troppo presto?
Nelle foto il dottor Ciuti, il Conte Umberto Serristori, il resoconto di Ciuti con a pagina 15 la descrizione della prevalente problematica oculistica. A parte il ponte di Annibale, a Bruscheto vicino a Incisa ma nel comune di Reggello (in realtà risalirebbe all’epoca dei longobardi). Una parte fu rovinata nell’alluvione del 1966 ma resta una delle tanta bellezze del nostro territorio dimenticate e soprattutto mai valorizzate”.

Dottor Massimo Pandolfi  – Storico

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