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I racconti di Massimo Pandolfi. Gli anni del Purghen

Come ogni domenica, proponiamo um nuovo racconto dello storico figlinese Massimo Pandolfi, che affronta un periodo storico particolare. Il post seconda guerra mondiale.

“La guerra aveva portato lutti, devastazioni, tragedie familiari e soprattutto tanta miseria. I giovani che ne erano usciti indenni, dopo anni di privazioni, di limitazioni della libertà, manifestarono un indubbio spirito di rinascita, una voglia di mettersi all’opera ma anche di divertirsi, di scherzare, di stare insieme. Fu così anche a Figline e nacquero vari gruppi, diversi per attitudine e classe sociale. Nomi di fantasia li caratterizzavano, simili a quelli dei racconti di Molnar: l’Artiglio, il Polverone, l’Asso di cuori, la Mezzanotte.
Il più strano era quello degli studenti universitari, il Purghen, tratto dal motteggiare di un attore comico sulle caratteristiche passate dell’uso dell’olio di ricino. Naturalmente tutti i componenti, anche dei gruppi avversari, erano riconoscibili per i soprannomi, talvolta fantasiosi, talvolta derivati dal cognome storpiato alla bisogna. Altre volte da caratteristiche fisiche, specialmente se difettose. C’era tutta una generazione di ratti che affliggeva i portatori di occhiali: il topo, il topone, oltre al più generico quattrocchi. Esponenti della Mezzanotte, il gruppo della classe operaia, erano Pennello, Caolo, Pippo e Nerone.
Nel gruppo del Purghen, dove troveremo professionisti affermati di cui la maggior parte oramai passata a miglior vita, c’era mio zio, detto Carlino, Menelao o Birilli, Nazario denominato il conte Sobrowski di Krasnoe Selo, mio cugino Faliero detto Marron Nouse per il colorito olivastro della pelle, il Gallettino, Alvaro detto Violino, il Poeta, Simonello e tanti altri. Il punto di ritrovo per il Purghen era la bottega dei Rosati, dove il signor Ugo, fratello del Giacchio, si era meritato il soprannome di Sgongolino e doveva giornalmente tenere a bada questo gruppo di perditempo che tentavano continuamente di scroccare una bevuta o una sigaretta.
Da bravi intellettuali erano abbastanza scarsi sul piano atletico, dove invece eccellevano i componenti della Mezzanotte, recenti vincitori di un torneo calcistico disputato nel campo lasciato in eredità dagli inglesi dell’VIII armata, dopo il loro passaggio nel nostro paese. Forse in preda ai fumi dell’alcool, capitanati da mio zio, ebbero l’ardire di sfidare la Mezzanotte in un incontro di calcio.

Subito dettero alle stampe due numeri della rivista ufficiale del Purghen, il Pluto, subito fallita dopo la seconda uscita. Fra prese in giro, canzonature e motteggi, la partita ebbe inizio. Gli atleti della mezzanotte in casacca rossa e calzoncini bianchi, il Purghen in maglia bianca e calzoncini multicolori (ognuno portava quelli che era riuscito a trovare). Al centro del campo i due capitani, mio zio Carlo e Pennello, si scambiarono i doni: gli universitari una feluca (il cappello goliardico degli universitari) piena di fave, la Mezzanotte un finocchio. Lascio a voi l’interpretazione simbolica di questi strani gagliardetti. La partita finì 3 a 2 per il Purghen, risultato equivalente a quello della Corea del Nord contro l’Italia, al mondiale del 1966. Per la cronaca vi rimando al libro scritto dal mio co compianto cugino Giancarlo, estensore nel suo bel libro “Figlinesi”.

Racconta le vicende narrate da mio zio di quegli anni, dove il maggior divertimento era lo scherzo innocuo tra amici, malinconico contraltare agli scontri sanguinosi che in questi giorni si perpetuano tra ragazzi annoiati, in piazze che dovrebbero essere deserte per il “coprifuoco” e che invece ospitano forme di violenza mal repressa che vorremmo cancellare, ripensando a tempi dove “si stava meglio quando si stava peggio”.

In questa foto un incontro conviviale dei componenti del Purghen, molti anni dopo e anche molti anni fa

Un incontro conviviale dei componenti del Purghen, molti anni dopo e anche molti anni fa.

 

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