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L’Altra Domenica….di Leonardo De Nicola. “La memoria condivisa”

Fra le numerose riforme napoleoniche dei primi anni del 1800 l’editto di St.Cloud fissò le nuove regole sulle sepolture: non più all’interno di sole chiese o vicino ai centri abitati, ma in luoghi aperti ed ariosi distanziati dalle abitazioni civili. Questo, per garantire migliori condizioni igieniche, ma anche per una pari dignità di fronte alla morte. Nella celebre ode “I Sepolcri” Ugo Foscolo plaudì alle nuove regole esaltando i cimiteri come luogo della memoria e di raccoglimento. Sollevò invece parecchi dubbi il poeta e scrittore veronese Ippolito Pindemonte, per niente convinto della scelta. Fatto sta che, da quel giorno, prendeva il via l’elemento che per duecento anni avrebbe caratterizzato la pratica del dopo- vita nel mondo occidentale, e non solo, di ispirazione cattolica: quello dell’ inumazione dei corpi presso i cimiteri.
Parlare di “igiene” alla maniera di come noi oggi la intendiamo, del resto, non era al tempo affatto facile: il 1600 ed il 1700 sono i secoli più “sporchi” in assoluto. Si pensi a Versailles, con la sua reggia popolata da migliaia di nobili e cortigiani: ai tempi del Re Sole e anche più tardi il celebre palazzo si presentava come una vera e propria latrina a cielo aperto. Un tanfo nauseabondo regnava per le stanze riccamente arredate e le cosiddette “seggette” (antenate del wc), erano posizionate ovunque, finemente intarsiate e dipinte dai pittori.
L’acqua ed i “bagni” erano visti come la….lebbra: il successore del Re Sole ,Luigi XV, ad un certo punto della vita, decise di non lavarsi più e mantenne fede alla promessa sopravvivendo 23 anni….
Per stare più vicini a noi, pensiamo poi alla decadente Firenze medicea: l’ultimo Granduca, il mite e depravato Gian Gastone, trascorse nella propria camera da letto i suoi ultimi anni di vita…consumando e facendo di tutto in pochi metri quadrati. Solo con il passare del tempo prese il via quella che oggi si potrebbe definire la pratica di svuotamento dei “pozzi neri”, con la nascita di vere e proprie imprese che poi rivendevano il liquame nelle campagne per uso concimatorio.
Ma torniamo ai cimiteri: per 200 anni abbiamo detto come la pratica delle sepolture sia avvenuta nella forma conosciuta e tradizionale. Poi, complice una maggiore laicizzazione della società ed un parziale sdoganamento anche da parte della chiesa cattolica, ha preso sempre più campo la pratica della “cremazione”, del resto incoraggiata anche dalle pubbliche amministrazioni per motivi di spazio e di gestione. Spesso la conservazione dell’urna ceneraria resta fra le mura domestiche se non si procede alla vera e propria dispersione. Questo porta di fatto ad un decadimento dell’idea foscoliana del cimitero come luogo di raccoglimento e di preghiera: la memoria non più affidata anche a qualcosa di materiale, ma essenzialmente legata al ricordo del caro estinto.
Il discorso, più complesso di ciò che sembra, potrebbe avere risvolti interessanti, salvaguardando sempre il desiderio e la libera scelta di ognuno.
Ma vedere anche nell’ultimo saluto di oggi una ricerca di maggior intimità può essere un ulteriore chiave di lettura per una società solo in teoria più aperta alla condivisione. Ho fatto queste mie riflessioni passeggiando per il bellissimo cimitero monumentale dell’ Antella, fra le tombe di Ubaldino Peruzzi, di Isidoro Del Lungo (accademico montevarchino), di Fanny Targioni Tozzetti amata dal Leopardi, del caduto di Superga Romeo Menti e sotto le volte di quel grande artista del liberty che fu Galileo Chini.
Un percorso nella memoria destinato, a breve, a rimanere solo un lontano ricordo del passato.

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