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Terranuova: giovane mamma imprenditrice apre lavanderia in piena zona rossa

Ha deciso di voltar pagina e di scommettere sul suo futuro aprendo una lavanderia nel centro storico di Terranuova. E lo ha fatto in zona rossa, Ramona Sama, imprenditrice e mamma di 30 anni, che il 15 marzo scorso ha inaugurato “Raggio di Sole”.
“L’idea di aprire una lavanderia – racconta – è nata da un contatto di Cna Valdarno con il forno di mio marito dove anche io lavoravo, per un finanziamento a fondo perduto che a lui non interessava, ma a me ha fatto pensare a un’idea che avevo già: un’attività tutta mia. Con mia mamma, senza la quale non avrei mai iniziato quest’avventura, abbiamo visto che a Terranuova mancava una lavanderia, dopo la chiusura di due attività. Così lo scorso 15 marzo in piena zona rossa, col bando che CNA ci aveva segnalato, ho aperto “Raggio di Sole”, nome che tiene insieme tutta la mia famiglia: “Ra” come Ramona, “Gio” come mio marito Giovanni, “So” come Sofia la mia bimba di 10 anni e “Le” come mio figlio Leonardo di un anno e mezzo”.
“L’apertura della lavanderia è stata apprezzata e, malgrado la pandemia, sono molto soddisfatta. La clientela è sensibile e attenta al servizio che offro: una lavanderia artigianale rispettosa dell’ambiente, attenta, ad esempio, al recupero dell’acqua prodotta dalle asciugatrici”.
Un segnale di fiducia alla fine di un anno terribile che ha costretto tante imprese del settore ad abbassare per sempre le saracinesche. “Purtroppo, senza vita sociale il mercato delle lavanderie tradizionali si è fermato – commenta Andrea Cherubini, presidente Tintolavanderie CNA – nonostante il cambiamento intrapreso da alcuni, nuovi servizi come la pulizia di capi con l’ozono non sono stati sufficienti a portare reddito alle lavanderie che, nel 2020, hanno subito perdite di fatturato importanti, dal 40% al 70%”.
Al danno del mancato lavoro, si aggiunge la beffa degli aiuti irrisori e insoddisfacenti: “Un bilancio drammatico ma con delle prospettive positive. Il futuro non sarà semplice – riprende Cherubini – e dobbiamo attivarci specie nell’informare-sensibilizzare la clientela. Il nostro settore è composto da tante micro realtà, perciò è fondamentale fare rete. Per tanti sarà difficile sostenere individualmente la sfida di migliorarsi nella professionalità e nella qualità dei servizi erogati, ma insieme è più facile e ciascuno può essere di supporto all’altro con un’immagine più forte e di maggiore qualità per la clientela”.
In provincia di Arezzo nel 2020 erano 121 le imprese attive nel settore con circa 230 addetti con una flessione del 3% rispetto al 2019. “Penso che il futuro della lavanderia artigiana sia legato al concetto di fare impresa senza prescindere da fattori chiave come l’organizzazione, l’innovazione, l’ecologia, la versatilità e l’accoglienza. Con un obiettivo ben preciso, la soddisfazione e l’informazione al cliente: avrà maggior successo chi meglio esprimerà e metterà in atto questi concetti. La manutenzione e pulizia dei capi di abbigliamento è un servizio decisamente essenziale, perciò è utile ricordare che l’attività delle pulitintolavanderie assume un ruolo strategico nella sanificazione e nel contenimento del contagio”.
Il presidente ricorda infine che il settore deve fronteggiare anche la piaga dell’abusivismo: “Mi riferisco a quelle attività che lavorano, troppo spesso, nei coni d’ombra della legalità e della libera concorrenza del mercato. Se le lavanderie tradizionali sono chiamate a rispettare una serie di vincoli e di requisiti professionali e ambientali, oltre agli oneri burocratici e alle autorizzazioni, le lavanderie self-service, invece, dovrebbero limitarsi all’attività commerciale di noleggio di lavatrici e attrezzature professionali. Il lavoro, poi, spetterebbe al cliente, che non potrebbe avvalersi dell’aiuto dello staff. Il condizionale purtroppo è d’obbligo perché troppo spesso questo non avviene. Cna sta chiedendo da tempo maggiori controlli e una distinzione netta ed univoca di due attività, divise da un confine fin troppo facile da eludere”.

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