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San Giovanni: sul tempio crematorio le perplessità del Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale

Avviato l’iter per inserire nel piano triennale ed annuale delle opere pubbliche la proposta di realizzare un tempio crematorio a San Giovanni. Il progetto, la costruzione e la gestione saranno a carico della ditta Italgeco di Roma che ha presentato al Comune l’ipotesi di costruire la struttura nell’area adiacente il cimitero comunale. L’edificio, oltre all’impianto per l’incenerimento delle salme, ospiterà aree destinate all’accoglienza dei parenti, uffici per le attività amministrative, una zona per lo spargimento delle generi, cinerari e il giardino della memoria. Non mancheranno inoltre i servizi destinati a operatori e visitatori e un parcheggio. Il tutto per un costo stimato di più di 3 milioni e 200 mila euro a carico dell’azienda che otterrà una concessione ultratrentennale.
Un progetto che fa già discutere. In particolare il capogruppo consiliare del Movimento 5 Stelle Tommaso Pierazzi ha presentato un’interrogazione sollevando varie perplessità. A cominciare dalla normativa di riferimento “non unitaria”, afferma, per disciplinare l’installazione di siti del genere e le loro conseguenti emissioni. “Ad oggi manca un piano regionale toscano di coordinamento che specifichi linee guida che garantiscano una pianificazione organica e sostenibile dal punto dei vista ambientale. Facendo un breve censimento degli impianti di cremazione presenti in Toscana ne abbiamo trovati 12: 1 ad Arezzo, 1 a Bagno a Ripoli, 1 a Carrara, 2 a Firenze, 3 a Livorno, 1 a Massa (in uso solo per i residenti), 1 a Pisa, 1 a Pistoia, 1 a Siena (in uso due soli giorni alla settimana). Tanto per fare un esempio, in Veneto, dove ci sono poco meno di 5 milioni di abitanti, ci sono solo 7 tempi crematori, mentre in Toscana con 3,7 milioni di abitanti ce ne sono già 12”.
Pierazzi afferma di non avere pregiudiziali sulla pratica in sé, ma esprime preoccupazioni dal lato ambientale: “Dai forni – prosegue – si sprigionano polvere, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti. Possono anche aggiungersi: emissioni di mercurio (dall’amalgama presente nelle otturazioni dentarie), zinco, diossine-furani e Ipa (idrocarburi aromatici policiclici). Non a caso da alcuni controlli effettuati da Arpat alcuni forni crematori hanno evidenziato emissioni di diossina in atmosfera non conformi alle autorizzazioni dettate dalla difficoltà nel mantenere una temperatura elevata maggiore di 800-850 C°”.
Alla Giunta l’esponente pentastellato ha chiesto allora se esista uno studio di fattibilità dove siano espresse ragioni e necessità di dotare San Giovanni di un forno crematorio; “quali siano i dati previsti per la conduzione dell’impianto (ore di funzionamento e numero di cremazioni giornalieri), quale siano le condizioni attuali di qualità dell’aria e di diossine e mercurio in campioni di terreno e vegetali nell’area individuata prima della entrata in esercizio”. Un passaggio quest’ultimo indispensabile per verificare, con controlli periodici, l’eventuale deposito di inquinanti una volta entrato a regime e in tal caso sospendere l’attività crematoria e il consumo di vegetali coltivati nell’area. Infine ha chiesto “se sia stata redatta una valutazione di impatto ambientale con idonee misure di mitigamento dell’impatto, eseguita un’analisi dei venti, evidenziando aree potenzialmente a rischio di inquinamento, se siano previsti monitoraggi in continuo dei principali inquinanti emessi e se Arpat si sia mossa in tal senso”.
Dal merito al metodo: Pierazzi conclude affermando che “opere così importanti dovrebbero essere proposte alla cittadinanza  prima di deliberare in merito, ma soprattutto accompagnate da un confronto trasparente con chi abita lì vicino”.

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