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Il trionfo della tradizione. L’analisi di Leonardo De Nicola sulla vittoria azzurra

Quando penso all’Italia del calcio mi viene in mente una contrada non grandissima del palio, La Selva. E cioè, datemi un mezzo cavallo ed io vinco la corsa, a prescindere da tutto. Senza sminuire il valore dei nostri calciatori, osservavo ieri sera gli ultimi istanti della partita contro gli inglesi. Bene, in campo fra gli azzurri non vi era nessun giocatore delle prime due squadre classificate dell’ultimo campionato e molte riserve nei propri clubs, penso a Bernardeschi o a Cristante per fare un esempio. Eppure Mancini, che ha il raro pregio di leggere le partite e vedere…lontano, è riuscito a forgiare una squadra unità e brillante, a conferma di come questi tornei spesso non premiano la “migliore” in assoluto ma quella che davvero riesce ad essere più squadra.
E noi siamo maestri più di ogni altri in questo se si pensa all’alto numero di trofei conquistati e di finali disputate sia in ambito europeo che mondiale e non necessariamente coi migliori.
È stato il torneo di Mancini ma anche di Gigio Donnarumma, un portiere che ha confermato le sue migliori qualità ed un equilibrio incredibile nonostante una non agevole situazione personale. Con lui poi la vecchia guardia: Bonucci, primo regista della squadra e Chiellini, inossidabile e…forse l’ultimo vero marcatore puro in circolazione. Senza dimenticare Federico Chiesa, figlio d’arte, che questo Europeo ha definitivamente consacrato. Ed insieme a loro ovviamente una serie di giocatori non certo da pallone d’oro ma coesi, affamati di vittoria, bravi a seguire il proprio allenatore. I meriti del tecnico risaltano anche nella finale, quando per esempio ha tolto ogni riferimento ai difensori britannici andando a creare scompiglio nella fin li impeccabile retroguardia di Southgate, composta da tre difensori molto fisici. Non bravissimo come Mancini, bisogna dirlo, Southgate, a cominciare dalla scelta finale di inserire a “freddo” due presunti cecchini dagli undici metri che, alla luce dei fatti, han fatto ridere il..pianeta ( Capello maestro di calcio diceva come alla fine i rigori li deve battere chi se la sente al momento).
E così, nel giusto tripudio della notte, portiamo a casa il secondo titolo continentale a distanza di ben 53 anni dal primo conquistato a Roma nel 1968 con le prodezze di Riva e di Pietro Anastasi, un grande attaccante ed una persona buona. Lo conquistiamo con merito e ovviamente con quel briciolo di fortuna che sempre contraddistingue i campioni. Col piglio delle grandi squadre che sanno come recuperare le partite e con le mosse di un grande conoscitore del calcio in panchina . Beffa atroce per gli oramai da tempo ex maestri della terra di Albione che avevano addirittura preannunciato per oggi un giorno di festa nazionale e dovranno invece ingoiare lacrime amare sul posto di lavoro. Devo poi dire, brutta la scena della premiazione con tutti i calciatori inglesi pronti a sfilarsi dal collo la medaglia dei secondi, cosa che non si dovrebbe mai fare per rispetto dello sport e degli avversari di turno . In quanto all’arbitro, come pensavo, ha fugato ogni dubbio malevolo della vigilia con una direzione convincente e, tranne per un paio di episodi (rigorino possibile su Sterling) inappuntabile. La festa ora continua a Roma dove sbarca la squadra insieme al valorosissimo Matteo Berrettini battuto ma non certo umiliato a Wimbledon. Ed ancora festa sia..Bravissimi azzurri ed è da sempre qualcosa che mi riesce dire davvero molto molto bene.

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