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“Prigioniero” della burocrazia del Green Pass. La vicenda paradossale di un operatore sanitario

Non riesce in alcun modo a ottenere l’aggiornamento del Green Pass, nonostante abbia scritto mail e telefonato a destra e manca. E così, dal 6 agosto, è costretto a farsi il tampone di continuo anche solo per sedersi al tavolo all’interno di un bar o di un ristorante. La vicenda paradossale ai tempi del Covid è stata raccontata da Francesco Consolati, 27 anni, tecnico di radiologia di Montevarchi che lavora in una struttura privata.
E’ stato tra i sanitari “in trincea” fin dall’inizio della pandemia, si è subito vaccinato con la prima dose, addirittura all’inizio di quest’anno, ha superato il coronavirus e adesso, rischia di passare da “no vax” pur avendo cercato in ogni modo di avere una certificazione verde valida. Ecco il suo racconto: “Tre giorni dopo aver ricevuto il primo vaccino, sono risultato positivo e ho superato il coronavirus il 30 gennaio. Nel frattempo, per la quarantena, non ho potuto ricevere la seconda dose e, per questo, mi sono immediatamente informato con la Asl sulle procedure da seguire. Mi è stato risposto in quella circostanza che la mia seconda dose era stata la malattia e che non avevo bisogno di altro”.
L’8 luglio scorso, poi, il giovane riceve il Green Pass sull’applicazione “IO” accorgendosi, però, che si trattava di quello “di guarigione” valido 6 mesi e in scadenza appena 6 giorni più tardi. Visto che era ormai imminente l’obbligo di esibire proprio il Green Pass per gli spostamenti e per entrare in diversi luoghi pubblici e privati, il protagonista della storia kafkiana inizia a scrivere mail: la prima al distretto del Valdarno, che gli conferma come la seconda dose di vaccino per lui non sia necessaria e ci sia la copertura di immunizzazione fino al 7 ottobre prossimo, circostanza avvalorata dal libretto e dal certificato vaccinale allegati in risposta alla mail con la dicitura “protezione completa”.
Quanto alla sua certificazione verde ormai scaduta e non più valida, però, gli viene detto che si trattava di un disguido informatico tra i dati dell’Azienda sanitaria e quelli del Ministero, “ma che presto gli sarebbe arrivata la rettifica”. Passa il tempo e ai primi di agosto Francesco manda un’altra mail,  stavolta all’indirizzo del sito attivato dal Ministero della Salute per i cittadini. Invano e allora prova con il numero verde ministeriale (in teoria avrebbe la stessa funzione) ma dopo una lunga attesa gli ripetono che si sta aggiornando il sistema.
Esibire il Green Pass, tuttavia, ormai è diventato legge e Consolati, alla ricerca sempre più ardua di una soluzione, contatta anche il centralino del numero 1500 di pubblica utilità per le questioni legate all’emergenza sanitaria: gli utenti possono ricevere consulenza da operatori formati e personale sanitario. Gli ripetono sulle prime la storia dell’aggiornamento telematico ma, di fronte alle sue rimostranze giustificate, lo fanno parlare con un medico che gli conferma, in sostanza, l’impossibilità di aggiornare il suo Green Pass, per aver saltato la seconda dose del vaccino. Mancano indicazioni in tal senso.
Di conseguenza,  Francesco Consolati, “prigioniero della burocrazia” deve sobbarcarsi il costo di un tampone, almeno 15 auro, ogni volta che va al ristorante al chiuso, in piscina, in un museo, semplicemente a prendere il caffè all’interno di un bar, oppure per viaggiare in treno o in aereo. Non gli basta neppure esibire il libretto vaccinale perché il documento non è leggibile da chi controlla, non riportando il QR Code. “Sono molto arrabbiato – ha concluso – e se fossi una persona che non si è voluta vaccinare capirei le difficoltà, ma non possono dire ‘sono affari tuoi’ a chi è in regola”. Nella stessa assurda situazione del valdarnese ci sarebbero diverse altre persone.

 

 

 

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