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L’altra domenica. Il fascino della fatica e della montagna….

Per l’uomo antico, le inesplorate cime dei monti erano qualcosa oltre che di sconosciuto anche di temuto e quindi da tenere a debita distanza…L’altezza delle vette era misurata a.. colpo d’occhio, tanto è che per anni e anni si pensava che il Monviso e il Rocciamelone (montagna della Val Susa) sovrastassero tutte le altre della catena alpina. Nei racconti seicenteschi e settecenteschi poi le montagne erano abitate, secondo la credenza popolare, addirittura da draghi, fiere terribili e spiriti maligni. L’approccio classico a quello che poi diverrà l’alpinismo moderno inizia nella seconda metà dell’Ottocento ad opera di alcuni escursionisti stranieri e temerari valligiani circondati per lo più in loco da un alone leggendario e di follia pura: iniziava così la conquista della montagna da parte dell’uomo, non più vista come luogo inospitale e, diciamocelo, perfettamente “inutile” per l economia delle popolazioni locali.
Un grande impulso lo diedero anche alcuni giovani religiosi: ancora oggi infatti molti dei rifugi alpini sono intitolati a giovani sacerdoti che salirono le vette, in linea con lo spirito che ascendendo porta più vicino l’uomo al creato e, di conseguenza, all’altissimo. Alla fine del secolo fu il facoltoso imprenditore e politico del nuovo regno d’Italia Quintino Sella a fondare il Club Alpino Italiano sulla scia di ciò che già accadeva in altri paesi (gli inglesi che avevano i soldi ma non i monti venivano a trovarseli da noi). Oggi la rete dei sentieri del CAI è alla portata di molti, ovviamente con diversi gradi di difficoltà e allenamento. Il boom del turismo verde dei nostri tempi, se da un lato va visto positivamente, da un altro finisce per snaturare la vera essenza della montagna, che è fatta anche di fatica, sudore e lunghi silenzi.
Ovviamente, per sfuggire gli ingorghi tipo Corso Buenos Aires nelle ore di punta basta cercare e trovare. Montagne di nicchia per noi escursionisti sono certamente le Alpi Marittime, un luogo ancora selvaggio che io amo frequentare da sempre. Dal Monviso all’Argentera, dal parco del Mercantour alle valli delle provincia “Granda” è ancora possibile vivere un certo tipo di montagna bella e non patinata. Fra cime sassose e una flora e una fauna particolare, le Alpi sembrano qui accarezzate dal vento e dall’aria proveniente dal mare a pochi kilometri. Con il mio caro amico Giampaolo Betti, appassionato di “scalate e ferrate” ed escursionista di vecchia datazione, ci siamo immersi sui sentieri che portano al Marguareis, la vetta più meridionale dell’arco alpino occidentale, salendo con fatica e con gioia fino alla croce in vetta (quando le stagioni erano tali c’era persino un piccolo ghiacciaio).
Silenzio e fatica, fatica e silenzio, a volte c’è proprio il desiderio di…. rigenerarsi abbandonando per qualche ora il nostro tran tran quotidiano. Il cammino è non solo fatica o semplice condivisione, ma anche occasione per riflettere e per pensare….In maniera lieve guardando le vette dei monti, i pascoli verdi, gli alpeggi di alta quota e tutto il resto a portata di occhi.

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