mercoledì, Giugno 7, 2023

Il caffè della domenica. Riccardo Magrini, il vocabolario del “Magro”….

Un linguaggio aggiunto, qualcosa in più. Non sono “neologismi” quelli usati da Riccardo Magrini nelle sue telecronache ma piuttosto termini presi in prestito da quel bel parlare toscano che, al posto di un vero dialetto lascia posto a parole originali e dal significato decisamente interpretabile. I suoi commenti uniscono alla competenza tecnica un gergo da bar della sua Val di Nievole rielaborato accanto alla più classica terminologia dallo sport ciclistico. E così il fagiano che ama andar via di…”pedina” diviene la fagianata magriniana, a significare un tentativo di fuga quasi di soppiatto, cercando di dare meno nell’occhio possibile…

“Ma non solo. Questo è anche un modo di descrivere le cose che mi fa sentire libero quando sono a commentare la corsa. C’è immediatezza, non ho mai costruito niente a prima. Se parlo del gran premio di Poggio alla Cavalla cito una competizione delle mie parti e così per il…veglione del “tritello”, quando la gara esplode in salita e tutti si disperdono. Ed il passo successivo diventa lo “sparpaglio”, che non è esattamente la stessa cosa del primo. Ovvero, prima triti e poi spandi, da noi usa così da sempre…”

Il tuo gergo ha portato anche alla nascita di un libro, una specie di vocabolario e di guida per i telespettatori. Ma prima c’è un “Magro” corridore professionista e direttore sportivo, poi il commentatore che è un po’ ciò che sognavi di fare da ragazzo?

“Vero…giocavo con le biglie e facevo la cronaca sullo stile di Adriano De Zan, arrivi di gruppo e mitiche scalate. Però al ciclismo sono arrivato per caso, grazie ad un cugino del babbo…al tempo uno dei rarissimi “amatori”. Il motorino non si compra”, dissero in casa ed io risposi “almeno la bici si…”. Così iniziai ad andare con lui e a…staccarlo pure. “Il bimbo va forte”, diceva a tutti in giro, e da qui la prova in una piccola società della zona. Iniziai a correre addirittura dal secondo anno di allievi. Il primo lo persi per un incidente e però me la cavai bene fin da subito. È stato un certo Cardelli il mio riferimento ed anche il mio primo rivale da battere.”

Nel 1972 a meno di 18 anni vinci la coppa Ciuffenna nel nostro Valdarno.

“Era una prova che metteva in palio la maglia tricolore categoria UISP, allora contava. Si faceva più volte un circuito con la salita della Penna ed io diedi battaglia fin dall’inizio. Alla fine si rimase davanti io ed il Cirri di Vinci e lo sistemai in volata…”

Da prof ti sei tolto qualche bella soddisfazione, una tappa al Giro e soprattutto un successo al Tour. Pensi di aver ottenuto il massimo come corridore per le tue possibilità?

“Non sono una persona che dice: rifarei tutto ciò che ho fatto, perché non è vero. Facevo la cosiddetta vita del corridore? Si, magari senza essere costante, allora Montecatini era una città piena di tentazioni, i cavalli ed altro ancora e poi…in estate il richiamo del mare vicino. Niente di particolarmente trasgressivo però…”

Magro, nel 2017 un malore grave, una cosa seria. Si dice che le grandi paure e le sofferenze portano a graduare le cose della vita in maniera diversa. È successo anche per te?

“Sicuramente. Per tre minuti sono passato dall’altra parte, come è capitano a Colbrelli o a Eriksen. Vivo con un defibrillatore cardiaco e so di prendere certi farmaci finché campo. Non ho particolari condizionamenti nella quotidianità, però…Sono certamente più fatalista ,mi arrabbio di meno e sono tornato a dare la vera importanza a cose che guardavo con superficialità.”

Il ciclismo ma un po’ tutto il nostro sport di “base” soffrono sia sul piano economico che su quello strettamente organizzativo e dirigenziale. Come ben saprai dalle nostre parti è “saltata” la classica di Mercatale e non solo…

“C’è la mancanza di un ricambio generazionale ed anche un mondo dove piace di più fare le cose per sé stessi che non per gli altri, soprattutto senza un ritorno economico. Ma è anche un problema culturale in genere, un approccio alle cose per me sbagliato. Oggi il ciclismo parla soprattutto sloveno, ma voi andate a vedere…una corsa di ragazzi in quel paese, tornerete indietro 50 anni…Bisogna ripartire dalla semplicità. Mercatale, bellissima gara per carità, ma era diventata qualcosa di impensabile sotto il profilo dell’organizzazione stessa. Va superato un certo gigantismo nel fare le cose. E questo vale anche sotto il profilo sportivo.”

È incominciato venerdì il Giro d’Italia che tu racconti ogni giorno su Eurosport insieme al bravo Luca Gregorio. Che giro ti aspetti?

“Un giro bello e combattuto, al di là delle nefaste previsioni. È vero che mancano i tre grandi e cioè Pogacar, Roglic e Bernal, ma ci sono pur sempre fior di corridori. Penso ad Almeida, a Landa, Bardet, Bilbao, al campione olimpico Richard Carapaz, l ecuadoregno considerato da tutti il favorito numero uno. Io però se devo dirti un nome scelgo Simon Yetes, che fece già una grande corsa nel giro vinto da Froome. Ci sono tante montagne e prevedo grande battaglia ed incertezza, peccato solo per la nostra Toscana tagliata fuori…dal percorso.”

L’Italia delle due ruote attraversa un momento difficile: nessun corridore sul podio nelle classiche di primavera e prospettive poco incoraggianti…

“Come dicevo, troppa esasperazione fin da ragazzi, competitività estrema e poi quando passi fra i “prof” trovi una realtà diversa ed hai già bruciato parecchie energie, nella testa e nelle gambe. Ed andrebbero poi rivisti i criteri di selezione e le categorie stesse. Una mentalità da cambiare alla svelta, servono più umiltà e meno frenesia.”

Tornando al Giro c’è anche il nostro Vincenzo Albanese, un ragazzo che ho visto crescere…

“Ha fatto undicesimo alla Sanremo, migliore dei “nostri” ed è un atleta interessante che potrebbe centrare un successo di tappa, glielo auguro. Poi è in una squadra “seria” dove fra l altro vi segnalo Fortunato, il corridore bolognese forte in salita che potrebbe fare molto molto bene.”

Magro, da ragazzo per chi tifavi?

“Ai tempi delle biglie per Felice Gimondi poi per Francesco Moser nato dalle mie parti ciclisticamente parlando. E con lui ho pedalato fianco a fianco in tante corse, diciamo almeno per qualche kilometro…”

Ed ora godiamocelo …il “magro”, tutti i giorni nel racconto del Giro, con i suoi aneddoti, le storie di vita ed il trionfo di spontaneità e leggerezza.

Riccardo…sapendo che ti intervistavo mi hanno pregato di salutarti un sacco di amici ed appassionati, cito su tutti Beppe Veltro ed Enzo Ragnini…

“Grazie a te Leonardo e ricambia i saluti. Già…Beppe Veltro, che bel corridore, e anche Enzo, il “biondo” come lo chiamo io. Un abbraccio a tutti!”