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40 anni fa la magica notte del Bernabeu, con il trionfo dell’Italia Mundial

Sono già passati 40 anni, filati via alla velocità della luce ,almeno così pare. Eravamo…giovani, tempi di naja alla caserma Guastalla di Asti ma comunque chi scrive ebbe ugualmente la fortuna di festeggiare il Mundial in casa…complice la prima agognata licenza. Con la jeep del Faleppi di Radio Emme e con Paolo, Nilo, il Chime e altri amici a strombazzare su e giù per le strade e le piazze del Valdarno con tanto di mega gavettone preso davanti alla gelateria Elmi a Figline…mai acqua fu più gradita.
Ho ripetutamente chiesto agli azzurri di Spagna 82 perché, seppur più distante, quel mondiale è rimasto nella memoria collettiva della gente in misura maggiore di quello del 2006 in Germania. È la risposta certo non è facile da trovare, nè può essere semplificata e ridotta alla nostalgia per gli anni della giovinezza o per altro. Forse…le gioie duravano di più che al giorno di oggi dove tutto passa e si consuma in fretta? Certo, gli eroi di Madrid sono scolpiti nella mente e nel cuore degli italiani, il commissario tecnico Enzo Bearzot ed in panchina il dottor Vecchiet, il secondo Cesarone Maldini ed il mio amico, partito troppo presto, Guido Vantaggiato, tutti con improponibili giacche a righine bianco celesti.
Ricorderanno oggi il trionfo dal piano superiore, così come Gaetano Scirea, persona di straordinaria umiltà e Paolo Rossi che, come è noto, aveva messo su casa e radici in Valdarno al Poggio di Cennina. Fu quello spagnolo un mondiale iniziato malissimo con tre pareggi nel girone e finito poi in crescendo con le vittorie sull’Argentina e su un Brasile fortissimo pieno zeppo di campioni (troppi?).
E poi fu come la nave col vento in poppa, spazzate via la Polonia in semifinale e la Germania nell’atto conclusivo con la Coppa del Mondo alzata da Dino Zoff davanti al presidente Pertini ebbro di gioia e fuori dal protocollo. E fu anche il mondiale della diffidenza, di una stampa al tempo infinitamente più vicina ma anche più severa verso la nazionale (immagino le penne e…che penne…di allora a commentare l’uscita di scena indecorosa di Mancini contro la Macedonia), di critiche durissime sfociate nel celebre silenzio stampa da parte degli azzurri con il solo capitano delegato a parlare difronte a taccuini e microfoni, lui che proprio un gran parlatore mai è stato.
Fu come spesso accade per i nostri grandi trionfi sportivi, un titolo vinto inaspettatamente con quel sano masochismo italico che ci porta sempre a fare le cose migliori in un clima non idilliaco, almeno in partenza.
Sono passati 40 anni, cambiato è il paese, le generazioni, il nostro modo di vivere, di lavorare, di divertirci: era un Italia che usciva non senza fatica da una stagione tormentata, gli anni degli scontri politici e soprattutto quelli del terrorismo e delle grandi stragi, spesso senza colpevoli. Il presidente del Consiglio era Giovanni Spadolini fiorentino e, ovviamente, erano tutti in sella i draghi della vecchia e vituperata (ingiustamente) prima repubblica. L’Italia del 1982 si riversò per strada in un onda di entusiasmo collettivo che ancora oggi noi rammentiamo, pur con il velo del tempo che passa.

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