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Riqualificazione del borgo di Castelnuovo d’Avane. Occorre accelerare

“Mi aspetto che i lavori partano nel 2023, perché entro il 2026 non solo dovranno essere conclusi, ma sarà necessario anche l’insediamento di tutte le attività previste”. Lo ha detto il sindaco di Cavriglia Leonardo Degl’Innocenti o Sanni in riferimento al grande progetto di riqualificazione del vecchio borgo di Castelnuovo D’Avane, che ha ottenuto, unico in Toscana, i 20 milioni di euro del Pnnr. Soldi che consentiranno al paese abbandonato di rinascere. Ma i tempi stringono e quelli della burocrazia, come noto, sono imprevedibili. Bisogna quindi accelerare. Due settimane fa il Ministero ha inviato la convenzione che è stata firmata da Comune di Cavriglia e Regione Toscana e spedita a Roma. Prossimo passaggio, le procedure per le gare ad evidenza pubblica. Le risorse europee trasformeranno radicalmente questo luogo, facendolo diventare una delle mète del turismo nazionale ed internazionale. Nel giro di quattro anni sorgeranno due musei, spazi pubblici rigenerati, giardini, luoghi della memoria, strutture turistiche come un albergo diffuso, residenze private e specializzate, una casa dell’arte contemporanea, residenze per artisti, botteghe commerciali ed artigianali, abitazioni dedicate al social housing ed ai giovani. Insomma, l’antico borgo rivivrà una nuova dimensione che fino a qualche mese fa sembrava solo una grande chimera. La storia del vecchio abitato di Castelnuovo d’Avane è unica in Italia. Un tempo vi era un castello antichissimo, ricostruito più volte nei secoli. Durante la sua lunga e dolorosa storia, sono innumerevoli e sanguinosi gli episodi che lo hanno contraddistinto: su tutti una terribile strage messa in atto dai Pazzi nel 1267, che massacrarono gli abitanti maschi della rocca e un altro eccidio, nello stesso punto, avvenuto il 4 luglio 1944 durante la seconda guerra mondiale.
La storia di Castelnuovo però non è solo intrecciata alle guerre ed alle stragi, ma anche all’estrazione di un carbonfossile povero, la lignite xiloide, la cui coltivazione venne avviata a metà ottocento e mutò la storia del paese e del territorio. Per cento anni lo scavo venne effettuato in galleria e garantì lavoro anche a 5000 maestranze contemporaneamente. Poi, dal 1956, nell’ottica di far ripartire l’Italia dopo la guerra, il progetto Santa Barbara avviò lo scavo della lignite a cielo aperto e in circa 40 anni, 450 milioni di metri cubi di terra furono sbancati da Enel, titolare della concessione per estrarre carbone. Furono demoliti paesi, case, chiese e un castello, ed anche Castelnuovo, sull’orlo del cratere lunare venutosi a creare durante gli scavi, ormai rischiava di franare. Così l’intero abitato venne ricostruito in un’altra area vicina, Camonti e Castelnuovo, dopo secoli di storia, fu progressivamente evacuato e definitivamente abbandonato alla fine degli anni settanta. Il finanziamento da 20 milioni di euro è stato voluto dal Mibact a seguito dell’intervento dell’Europa in risposta alla crisi pandemica. Per ogni regione italiana era disponibile un solo intervento di questa portata e in Toscana – 42 i progetti presentati – la scelta è caduta su Castelnuovo dei Sabbioni.

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