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Artisti di zona. Conosciamo Lango BlkRoc, giovane rapper di San Giovanni

Jhonatan Lamaj in arte Lango BlkRoc, è un rapper classe ’96 nato in Albania e trasferitosi prima in Puglia ed infine a San Giovanni Valdarno nel 2006, dove scrive e produce la sua musica insieme al fratello e produttore Klaudio, in arte Klaudio VVS. L’impegno sociale che lo vede coinvolto nella cooperativa di strada, la voglia di emergere e di trasmettere valori e messaggi di positività che servono sempre di più ad una società che soffre. Questo è Lango e il suo pensiero.

Il tuo nome d’arte è Lango BlkRoc, cosa significa?
Lango nasce dal vezzeggiativo col quale mi chiamava mio nonno ovvero “Langaraq”, che in albanese significa “randagino”. Mio padre era in Italia, mia madre stava da sola e io per questo ero un randagio. Facevo graffiti e una volta scrissi Lango, suonava bene e una volta iniziato a rappare decisi che sarebbe stato il mio nome. Come insegna la cultura pop il nome d’arte deve avere un significato e questo riguarda la mia storia, col rap cerco di parlare ad altri randagi.
BlkRoc è invece il nostro collettivo, il nome viene da un disco della band statunitense “The Black Keys” che nel periodo in cui io e mio fratello abbiamo fondato il collettivo ascoltavamo molto. Dopo abbiamo scoperto che è anche il nome della più grande azienda di investimenti al mondo. Rappresenta la solidità ed il luogo in cui nasce la musica, il nostro studio.

Tuo fratello Klaudio è anche il tuo produttore. Da quando fate musica insieme è cambiato il vostro rapporto?
Essendo cresciuto senza padre Klaudio è sempre stata la mia figura paterna. Quando eravamo pischelli io ero la sua ombra, è grazie a Klaudio ed i suoi amici che mi sono avvicinato al mondo del rap. Siamo sempre stati insieme, in Albania e dall’Albania alla Puglia fino a San Giovanni.
Quando vieni prelevato dalla tua zona di comfort cerchi un porto sicuro e quello per me è stato ed è Klaudio. Nella musica è diverso, mi dice le cose senza peli sulla lingua, da solo ho uno stile, insieme a lui ho un’Influenza diversa. Klaudio fa lo scheletro e la pelle, io metto i muscoli e la carne. Essendo una figura paterna lo prendo molto in considerazione, il rapporto è molto bello. É l’altra parte di me, siamo molto legati.

Come e quando hai iniziato a fare musica, cosa ti ha spinto a farlo? Hai mai avuto paura di esporti?
Il primo pezzo che ho fatto è uscito che avevo 19 anni ma sapevo già registrare. Un giorno, spinto dal malessere dovuto a situazioni familiari, ho detto “Faccio una canzone!”. È stato velocissimo, ho registrato, ho chiamato un grafico e l’ho caricato. Paura non c’era, magari ce ne è più ora. Cerco di non guardare al pensiero degli altri perché snaturerei me stesso. Se si pensa costantemente alle ripercussioni della vita alla fine non si fa nulla. La paura è più quella di non essere visti, di non arrivare, che tutto questo lavoro se ne vada a p…. perché nessuno lo vede. Reale è anche la paura di finire nel contenitore di quelli che parlano di strada allo stesso modo, ma non è così.

Fare musica ha un significato particolare, tu cosa cerchi di raccontare ed esprimere?
Io vedo la musica come un mezzo di comunicazione molto importante e anche di sviluppo personale e sociale. Con me la musica ha fatto un lavorone: leggo, studio, mi impegno socialmente, in questo la musica mi ha aiutato molto. Io non voglio esprimere qualcosa che porti la società a desensibilizzarsi ancora di più. Voglio dare un messaggio positivo e con una narrazione. La musica è un mezzo di trasmissione di messaggi, spetta all’artista decidere se comunicare messaggi buoni o cattivi. Cerco di esprimere dei messaggi e contemporaneamente scavo dentro di me, per comprendermi, è una forma di meditazione. L’arte in generale serve a questo secondo me. Ne ho sempre sentito il bisogno.

Quale è la tua fonte di ispirazione?
La mia ispirazione nasce da qualcosa che mi tocca, prendere quello che ti tocca nella vita e cercare di esprimerlo, l’espressione può essere immediata poi le cose vengono via via, ma il punto di partenza è quello. Spesso la scintilla ti arriva dall’esterno ma certe volte, cosi come gli uomini primitivi con le pietre focaie, te la devi creare da solo. L’ispirazione per me è quindi ascoltare ed ascoltarmi.

Quale è il procedimento che ti porta dall’idea alla canzone?
A volte può nascere da un beat, si parte da una base, ci rappo, Klaudio la riadatta e lì nasce la nuova canzone, che poi va limata, sistemata. Mi metto lì e scrivo, cercando di fare discorsi. Il testo della canzone deve essere una narrazione, non immagini a caso, deve seguire un filo logico. Facendo l’operativa di strada mi capitano spesso delle situazioni che cerco di riportare in musica. Questo mi aiuta, tramite la musica rispondo alle situazioni che mi fanno arrabbiare, espello frustrazione, rabbia.
La canzone non è mai pronta, a un certo punto ci si deve accontentare ed è così che si impara dagli errori. Sono molto perfezionista sia sul testo che sulla musica e non sono mai completamente soddisfatto. Mio fratello dice che quando fai musica è come se fosse un rigetto: la rigetti e la odi, dopo un po’ la riascolti e ne capisci la bellezza.

Hai progetti futuri?
L’ultima canzone che abbiamo fatto uscire è “La malattia del dragone” ma ci sono altri progetti in vista. Ce n’è uno che si chiama “Io, Johnny e Lango”, dove parlo di me stesso, dei tre aspetti dell’Io. “Io” rappresenta le tematiche personali, “Johnny” rappresenta le tematiche sociali e “Lango” rappresenta invece ciò che vorrei che gli altri vedessero di me. Ci sono progetti con Klaudio e una canzone che vorrei far uscire nel prossimo futuro “Il Mostro”. Vorrei provare a definire la mia musica. Roba che sta per uscire non ce ne è, è tutto in fase di lavorazione. Ma ci sono tante idee.

La canzone alla quale sei più legato?
É come scegliere tra madre e padre perché ogni pezzo mi ha insegnato qualcosa. Ci sono alcuni pezzi che mi gasano e uno di questi è “Ali di cartone”, dal punto di vista sentimentale invece “ragazzi a pezzi” e “Iceland”. Ma il pezzo che mi foga di più è sempre quello in fase di produzione; le canzoni del passato sono il me del passato, ogni nuovo pezzo rappresenta un’immagine più accurata di me nel presente.

Fin dove arriva la tua ambizione?
La mia ambizione è di avere abbastanza attenzione addosso da poter trasmettere dei canoni buoni. Voglio che le persone inizino a ragionare in una certa maniera e portare il mio pensiero alle persone. Secondo me è possibile perché con me è successo questo. I messaggi positivi ti aiutano ad essere una persona migliore. Anche l’operativa di strada è una mia ambizione. Il mio obbiettivo nella vita è quello di rimanere positivo e di portare questa positività altrove.

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