Cerca
Close this search box.

Sergio Staino si racconta ad Enzo Brogi. Un’intervista rilasciata qualche giorno prima il suo ricovero in ospedale

Foto di Silvia Maglione

Il vignettista toscano Sergio Staino sta vivendo una fase della sua esistenza complicata. Fu ricoverato nella terapia intensiva dell’ospedale San Giovanni Di Dio di Firenze il 31 ottobre, quando era stato portato in corsia per una patologia neurologica e tuttora le sue condizioni destano qualche preoccupazione. Ma alcuni giorni prima di sentirsi male firmò la copertina e si raccontò ai lettori di “Inedita”, magazine di comunicazione sociale edito ad Arezzo e al suo primo anno di vita. In un’intervista dell’amico e giornalista Enzo Brogi, Bobo si lasciò andare a pensieri e riflessioni che, con la leggerezza che lo contraddistingue, vanno dal percorso personale, familiare e più intimo a quello politico, professionale e artistico. Aspetti che non si sono mai scissi nella storia di Staino.
“Un omaggio e un augurio a chi legge la rivista – commenta Enzo Brogi. Purtroppo pochi giorni dopo quell’incontro è iniziato per Sergio un periodo molto complicato, ma sappiamo che, con l’aiuto della sua famiglia ce la sta mettendo tutta. Lui ha, come sempre, testa e cuore anche per lottare”.
Nell’articolo di Inedita, corredato dalle foto di Silvia Maglione, c’è l’incontro di Staino con il disegno, il metodo e la composizione delle strisce satiriche, il valore, la forza e il significato di questo dono artistico che lo ha accompagnato nei momenti più belli o più difficili della vita.
Le vicissitudini dell’adolescenza: “appena avevo tensioni, paure, angosce iniziavo a disegnare e, quando le figure prendevano forma, il disegno cresceva e le mie angosce svanivano, tutto volava via. Il disegno era il ventre materno. Mia mamma mi aveva insegnato a disegnare, spesso lo facevamo assieme”. La gioventù contaminata e sofferta dalla politica, dalla militanza nei marxisti leninisti, dalle delusioni della sinistra e dall’ostinato desiderio di salvarla: “mi ero laureato in architettura, ma il partito mi aveva chiesto più tempo per il lavoro politico e, così, avevo trovato un’occupazione precaria di insegnante tecnico nella scuola media per avere il pomeriggio libero”. Quindi la fine dell’impegno politico: “la grande crisi del marxismo italiano, il tunnel buio della Cina maledetta, tutto mi sembrava precipitare. Ma nel frattempo era apparsa una luce bellissima, mi ero innamorato di Bruna e da quell’amore arrivò nostra figlia, Ilaria. E dopo di lei, Michele”.
Da qui la storia di una esistenza disegnata con una matita che fa nascere Bobo, ironico e profondo come lui, amato e riconosciuto, simbolo di una generazione e di un pezzo dei storia italiana.

Articoli correlati