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Aquila. Con questi numeri la retrocessione era inevitabile. E ora?

Errori, tanti errori, fattori imprevedibili come gli infortuni e la vicenda Malotti, limiti tecnici della squadra evidenti e un epilogo che era ormai inevitabile. Se qualcuno ha ancora dei dubbi sul fatto che il Montevarchi sia retrocesso meritatamente, può dare un’occhiata alla classifica reale. Se all’Imolese e non fossero stati tolti due punti, l’Aquila sarebbe oggi a 8 lunghezze dalla penultima. Del resto, una squadra che conquista la miseria di 27 punti in 37 partite, vince appena 6 gare e ne perde 22, non può che retrocedere. Questi sono i numeri, e sui numeri non si può discutere, su altro si, ad esempio sulle motivazioni che hanno portato a questa situazione. La mia idea, già riportata in altre circostanze, è che prima o poi (più prima che poi) questo momento dovesse arrivare, ma non perché era scritto nella pietra, ma perché oggi la Lega Pro è un campionato che presenta dei parametri economici non compatibili con l’attuale forza societaria dell’Aquila. Certo, c’è modo e modo di retrocedere e sicuramente i tifosi si sarebbero aspettati un campionato quantomeno più combattuto, ma bastava vedere la consistenza tecnica della squadra per capire che sarebbe stato molto complicato rimanere in categoria. A fine partita c’è stato uno scambio verbale acceso tra un esponente della società e i tifosi della curva Farolfi. E la polemica è proseguita anche sui social. Da che mondo è mondo chi gestisce un club calcistico si prende oneri e onori, gli applausi quando vince e i fischi e gli improperi quando perde. Naturalmente tutto deve rimanere nei canoni della civiltà, è scontato, come è scontato che supporter che hanno seguito l’Aquila in mezza Italia potessero riversare la loro delusione su chi è considerato non l’unico, ma tra i responsabili di questa stagione finita malissimo. Ma dato che io sono abituato a non utilizzare giri di parole, anche se nel calcio si dimentica tutto troppo in fretta, non si può non ricordare quello che questa società ha fatto dal 2011 ad oggi, riprendendo un club che era fallito e portandolo dalla seconda categoria alla Lega Pro. Anche questi sono fatti e decisamente inconfutabili. Insomma, la delusione feroce per una sonora batosta non può far dimenticare chi ha consentito al Montevarchi di tornare nel calcio che conta. Le dichiarazioni a fine gara del presidente Angelo Livi, l’unico che ci ha messo la faccia pubblicamente, mi hanno portato ad una riflessione. Si è assunto tutte le responsabilità, anche se non sono solo le sue, e ha detto testualmente: “Rispettiamo tutte le decisioni che in futuro potrà prendere ciascuno di noi”, lasciando intendere che ci potrebbero essere novità anche nella stanza dei bottoni. Ed è questo l’aspetto principale su cui adesso si dovrà lavorare. Perché una retrocessione lascia delle scorie molto forti e la società dovrà essere capace di riprogrammare il futuro e di trasformare una enorme delusione, anche da parte della piazza, in un nuovo progetto su cui lavorare. Sarà molto complicato, perché come ho già detto altre volte, i tempi sono cambiati. Il calcio locale sta vivendo una fase involutiva a livello di interesse, c’è poco ricambio generazionale e il rischio è di trasformare il Brilli peri in un “teatro” per pochi intimi è concreto se non ci saranno ambizioni. C’è quindi da ripartire e da ricreare un po’ di entusiasmo, magari dopo aver fatto un bilancio di questa sciagurata stagione. E da questo punto di vista, non sarebbe male sentire anche il parere di Giorgio Rosadini, che questa squadra ha contribuito a costruire. Buona domenica a tutti.

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