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La RSA di Montevarchi lancia il progetto AMI:” Vogliamo portare vita all’interno della struttura. Aspettiamo volontari pronti ad aiutarci”

“Accompagnarli con vita nel loro ultimo viaggio” è questa la missione degli operatori, sanitari e no, della RSA di Montevarchi che, ormai da mesi, sta sperimentando una nuova forma di convivenza con gli ospiti della struttura, riscontrando un aumento di reattività ed energia. E’ nato così il progetto AMI (Abbattimento dei Muri di Isolamento) che ha l’obiettivo di creare legami continuativi e costanti con associazioni che possano frequentare la struttura, portando vita e nuovi stimoli agli ospiti.

“Ogni giorno trasferiamo tutti gli ospiti della struttura dai rispettivi piani al salone comune e trascorriamo la mattinata tutti insieme – racconta Serena Bacci, fisioterapista della struttura – Una volta nel salone mettiamo la musica e facciamo attività manuali, disegniamo, cuciniamo, addirittura balliamo. Abbiamo notato come questa forma di coinvolgimento abbia influito sulla loro salute: sono più reattivi, stimolati, allegri e noi con loro. Ogni mattina spostare sessanta ospiti è molto faticoso, serve pazienza ma soprattutto coordinazione tra gli operatori. È solo lavorando come una squadra verso un unico obiettivo che abbiamo raggiunto risultati ambiziosi come quello di animare la nostra struttura con serenità e allegria. La vera essenza del nostro lavoro è passare il tempo con gli ospiti e non lasciarli mai soli. Noi cantiamo con loro, ridiamo, balliamo e ci divertiamo: migliorare il benessere degli anziani, migliora anche l’atmosfera dell’intera struttura e alleggerisce il nostro lavoro.”

AMI si pone come obiettivo quello di portare associazioni e singole persone all’interno della struttura, creando un rapporto continuativo con gli ospiti in modo tale da animare l’ambiente e portare nuovi stimoli agli ospiti. Il progetto è nato da un’idea e dalla forte volontà di Dania Pertici, animatrice della struttura, ma ha trovato l’entusiastico supporto dei suoi colleghi. Portare avanti questo progetto, però, necessita della collaborazione della cittadinanza e delle associazioni alle quali la struttura si appella. E’ solo tramite la cooperazione che è possibile abbattere le “mura di isolamento” sia fisiche sia mentali.

“Progetto AMI nasce per inserire l’ASP Montevarchi nel territorio facendo entrare associazioni, scuole o singole persone – racconta Dania Pertici – Noi siamo una struttura sociosanitaria e a causa del Covid è venuta meno la nostra funzione sociale. Ora stiamo ripartendo e vogliamo aprirci ancora di più alla cittadinanza. Vogliamo trovare quanti più contatti possibili che dedichino un po’ del loro tempo agli ospiti perché per loro è vita, è energia nuova. È necessario che il progetto sia continuativo, che i rapporti con le associazioni non siano sporadici ma costanti in modo tale da creare legami veri e duraturi. Creare un ambiente stimolante motiva tanto noi operatori che dobbiamo accompagnare queste persone senza far loro scordare la vita che c’è al di fuori della struttura.”

“Le persone che entrano qui da noi portano una ventata di aria fresca e a noi tanta motivazione – racconta Giulia Picchioni, coordinatrice di infermieristica – Nelle RSA ci sono dei muri, soprattutto di comunicazione e noi vogliamo eliminarli tutti. AMI è abbattimento di muri attraverso la costruzione di una rete di collaborazione sia interna alla struttura sia e soprattutto esterna. Portare dentro il fuori significa creare benessere, movimento. Spesso mettiamo la musica, li facciamo camminare, addirittura ballare: questo aumenta il loro umore e, quindi, la loro salute. Questo lavoro non è facile perché dobbiamo costruire un equilibrio fatto di valori comuni, rispetto e tempistiche, è un cammino nuovo anche per noi ma speriamo nell’aiuto di tutti. All’interno della struttura possiamo confidare nella fiducia e nella collaborazione dell’altro, questo stesso progetto sarebbe stato impossibile senza il sostegno della direttrice Chiara Giotti e il direttivo dell’ASP.”

La concezione della dimensione pubblica come una rete in cui sono coinvolti tanti attori: dal direttivo dell’ASP, all’amministrazione comunale, passando per i servizi sociali e con l’insostituibile sostegno dei cittadini. Il progetto AMI rispecchia la linea guida della struttura ovvero lavorare in forte sinergia con il territorio.

“In quanto ASP abbiamo il dovere di essere inclusivi, di dare risposte ai cittadini e cercare di soddisfare le loro esigenze – afferma Chiara Giotti, direttrice della struttura – per fare ciò è necessario un profondo radicamento nel territorio. Dopo il Covid vogliamo ritrovare il ruolo che l’ASP ha sempre avuto ovvero un punto di riferimento stimato non solo dai montevarchini ma da tutto il Valdarno. Un progetto come questo significa riaprire finalmente le porte ed essere attraversati dalla città. AMI è nato da Dania ma si sta consolidando grazie al coinvolgimento di tutti gli operatori. Abbiamo l’intento comune di far entrare le persone nella struttura e far riacquisire agli anziani un contatto con l’esterno, lavorando sempre in forte sinergia con il comune di Montevarchi e i servizi sociali. Detto ciò, saremo costantemente pronti a metterci in discussione, l’importante è che restino sempre centrali l’autodeterminazione, la libertà e il rispetto dei nostri ospiti.”

Il progetto nasce con una volontà precisa: abbattere i pregiudizi, gli stessi che descrivono le RSA esclusivamente come luoghi in cui attendere l’inevitabile e nei quali non puo’ esserci vita. Passeggiando per i corridoi, però, l’atmosfera che si respira nella struttura di Montevarchi è notevolmente diversa. Anziani che vengono accuditi con amore e simpatia, ai quali si cerca sempre di strappare un sorriso e che parlano con affetto e gratitudine di tutti i collaboratori della struttura.

“I pregiudizi che ruotano intorno alle RSA sono particolarmente fastidiosi perché non raccontano più la realtà di queste strutture – Laura Petrioli, coordinatrice della cooperativa Giocolare, global service della struttura – L’utenza ormai è cambiata, non è più quella di un tempo. Non ci sono più solo anziani con difficoltà motorie ma sempre più persone affette da patologie neurodegenerative e persone più giovani con condizioni complesse. La vera sfida è far convivere persone con patologie ed esigenze diverse che si trovano a condividere spazi e momenti. La stessa sintonia che tentiamo di costruire tra gli operatori deve esserci anche tra gli ospiti. Non vogliamo essere un luogo in cui si attende e basta, questa concezione è nociva anche per chi ci lavora, vogliamo essere un luogo in cui si celebra la vita ma soprattutto in cui l’esterno entra a portare aria fresca.”

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