lunedì, Giugno 5, 2023

La rubrica della nostra redazione sportiva che vuole raccontare la storia di personaggi dello sport valdarnesi o legati al Valdarno racconta, in questa seconda puntata, Lorenzo Nannoni; pongista di fama internazionale nato il 10 luglio a San Giovanni Valdarno.

Nannoni vince la medaglia d’argento ai campionati europei giovanili a soli dodici anni e l’anno dopo in Egitto si laurea campione europeo dell’area mediterranea. Nel 1984 si conferma nuovamente a livello europeo ottenendo, prima in Germania e poi in Francia, due medaglie di bronzo ai campionati europei giovanili. Nel corso della sua carriera si stabilisce per molto tempo tra i migliori giocatori a livello mondiale ed in sette Campionati del Mondo e sette Campionati Europei veste la maglia della Nazionale Italiana vantando oltre trecentocinquanta presenze. Negli USA arriva quinto nella Coppa del Mondo statunitense e a Roma è quarto nella gara internazionale singolare che vede contrapporsi Europa e Asia. Va vicino alla vittoria anche in Germania arrendendosi soltanto in Finale nella Coppa Campioni. Infine come tecnico ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino e Londra guidando le nuove promesse del Ping Pong italiano

Come è nata la sua passione per il tennistavolo? 

In Italia dove purtroppo non c’è una grande cultura di ping pong, quelli che sono stati giocatori di grande livello sono quasi tutti figli d’arte, che hanno iniziato perché uno o entrambi genitori gli hanno trasmesso la cultura di questa disciplina. Io avevo mio babbo che era un giocatore a livello nazionale e che aveva predisposto la casa con una stanza dedicata. All inizio era un divertimento, poi divenne un vero e proprio luogo di allenamento. Mi viene difficile pensare che senza mio babbo avrei iniziato a giocare a ping-pong anche perché tutti si giocava a calcio, al limite c’erano il basket e la pallavolo. Non si trattava di una passione per cui non vedevo l’ora di allenarmi, però quando inizi a vincere a livello regionale e poi nazionale le prospettive cambiano.

C’è stato un momento in cui hai capito di avere un grande talento?

All’inizio non ci pensavo neanche, poi capisci che se vinci allora c’è qualcosa in te. Cambiai modo di allenarmi iniziando a farlo con Maneschi Francesco, un pongista aretino. Ci incontravamo ad Arezzo o a San Giovanni per allenarsi. Quando avevo 15 anni poi, la nostra federazione, accorgendosi che tra Arezzo, San Giovanni e Figline eravamo in quattro pongisti tra i primi 10 in Italia, ci mandò un allenatore cinese. Alloggiava a San Giovanni all’hotel River e noi ci allenavamo in via Garibaldi dalle 16 alle 20. La sera poi avevo sempre un po’ da studiare.

C’è una gara o una vittoria che ricorda con particolare piacere?

Sicuramente tutti i titoli italiani di singolo non giovanili, che chiaramente passano in secondo piano. I titoli assoluti sono altra cosa. Ricordo con enorme piacere tutte le medaglie ai campionati europei, i giochi del mediterraneo, gli scudetti di serie A e poi nel ’92 la Champions League contro i francesi, quando ho battuto il campione olimpico ai quarti di finale in casa nostra.  Fu una partita con oltre mille spettatori e battere il campione del mondo di singolo Jean Filippe Gatien fu un qualcosa di molto grande. Tanti ricordi li ho anche da allenatore. Spesso ottenere certi risultati come la vittoria di campionati europei a squadre Junior contro nazioni come Francia e Germania, che hanno oltre 200mila tesserati, mentre noi ne abbiamo 12 mila, sono risultati che ricordo con più enfasi perché sono più complicati da ottenere. 

Una delusione sportiva invece?

Da allenatore una delusione che mi viene da ricordare, forse perché è recente è quella del 2022 in Algeria ai giochi del Mediterraneo.  In semifinale nel singolo un mio atleta ha perso 12-10 e sarebbe stata una finale apertissima. Stava giocando molto bene, cerano tutti i presupposti per arrivare in finale e quindi è stata una grandissima delusione, una sconfitta che mi ha segnato. Da giocatore le delusioni sono diverse, come una finale di un campionato italiano nel 94 dove vincevo per 2-0 e persi 3-2, anche questa mi ha segnato molto. Se avessi vinto avrei avuto la carica per continuare a competere in maniera molto importante. 

Gli allenamenti di tennistavolo sono duri?

In qualsiasi sport ci vuole tanta dedizione e tante ore di allenamento, non si scappa da questa dinamica. C’è la parte preventiva, il riscaldamento, la parte tecnica, la parte tattica, la parte fisica e questo vale per tutti gli sport, il tempo da dedicargli  è molto. Gli allenamenti nei giorni precedenti alla gara non sono particolarmente duri, ma quelli svolti 15 giorni prima lo sono molto di più. C’è molto lavoro sulle gambe.                        Ho fatto allenamenti anche in Cina, Francia e Germania e oggi allenarsi significa dedicarsi a tutte le fasi che ho citato precedentemente. Se gestiti bene i giocatori arrivano anche a 36-37 anni, altri invece si fermano a 25-26 anni, dipende molto da come vengono gestiti, col passare del tempo cala il fisico ma aumenta molto la consapevolezza e la sicurezza. 

IL Ping Pong in Italia non è molto diffuso, è possibile che in futuro cresca come negli altri paesi?                                                          In italia la cultura sportiva generale è più bassa. Una finale di scudetto di pallamano di seconda divisione da noi è seguita molto meno che in paesi come la Germania. Ci sono nazioni che hanno una cultura generale sportiva più ampia. I più forti sono i cinesi, i giapponesi e i coreani del sud ma anche una nazione come la Germania, che conta più di duecentomila tesserati, dimostra di essere più avanti dell’ Italia che conta 12.600 tesserati di cui 11.800 maschi. Il tennistavolo femminile è quasi inesistente.

Ti stai battendo affinche questo numero aumenti?

É una battaglia molto difficile, devi trovare la collaborazione, la federazione che ti supporta, devi fare formazione ai docenti che devono essere interessati ad avere il patentino per poi poterlo insegnare… la volontà c’è tutta ma nella realtà non è cosi semplice.

Un consiglio ai giovani che vogliono iniziare questo sport?

Se ad un ragazzo piace determinare direttamente il proprio successo piuttosto che con la squadra, deve puntare ad uno sport come il ping pong, il tennis o la scherma. Tanti preferiscono giocare di squadra. L’altro aspetto che provo molto vantaggioso è che noi giochiamo al chiuso e questo facilita soprattutto la famiglia nei periodi invernali; non si torna a casa fangosi. Non essendo uno sport di contatto c’è anche l’aspettò degli infortuni, io sono stato operato tre volte ad un ginocchio però ai miei tempi non si faceva nessun tipo di attività preventiva, oggi viene svolta in maniera importante e questo abbassa di moltissimo il rischio di infortunio. Tuttavia si può dire che il tennistavolo non è uno sport per tutti, la componente emotiva è molto importante. Può capitare che l’avversario ti urli in faccia ad ogni punto e un ragazzo o una ragazza emotiva che deve giocare una partita di 1 ora può fare fatica. Ci vuole grande forza mentale.

Un avversario che ricorda in particolare?

Alla mia seconda partecipazione ai mondiali del 1989 ho giocato Italia-Svezia contro quello che è considerato il più grande giocatore di tutti i tempi, Jan-Ove Waldner. Lui batteva i cinesi ed ha vinto due volte il titolo mondiale. In una sfida a squadre Italia-Svezia persi la bella 21 a 19. Lui non mi conosceva bene e forse mi sottovalutò, io stavo giocavo molto bene ma poi vinse lui per un pelo. Mi viene automatico ricordarlo perchè era veramente forte e perché per poco avrei battuto il giocatore più forte di sempre.