Cerca
Close this search box.

“Cara Bekaert, mi manchi tanto”. Il bellissimo ricordo di uno storico lavoratore: “Non mi avete tolto l’amore per quella fabbrica”

Sono passati quasi cinque anni da quella drammatica mattina. Era il 22 giugno 2018 quando fu annunciata la chiusura dello stabilimento Bekaert di Figline. Un giorno che nessuno potrà mai dimenticare, né tantomeno i lavoratori dell’azienda. Erano più di 300. Il destino di quell’area produttiva è ormai nota a tutti. Chiusa, e non loro i sogni di tante persone che hanno vissuto gran parte della loro vita all’interno di quella fabbrica. Tra loro Marcello Gostinelli, storico lavoratore Bekaert, che ha affidato ai social un bellissimo ricordo di quei momenti vissuti insieme ai colleghi. Un ritratto pieno di malinconia, ma anche di significati, che testimonia un fatto acclarato: perdere il lavoro non vuol dire solo chiudere un’esperienza professionale, ma anche chiudere un’esperienza di vita.
“Mi dicono spesso, Marcello, basta con questa Bekaert, non c’è più ed è inutile che continui a pensare a quella fabbrica, è lì, morta, basta . È vero, ma come si fa a dimenticare 36 anni di vita vissuta intensamente? Ricorda Marcello – Non era solo un luogo di lavoro, era una famiglia. E’ vero, si litigava, ci si teneva il muso, anche in famiglia a volte è così, era un luogo, un punto di riferimento, il posto dove sono cresciuto come uomo. Era il posto che mi ha consentito di crearmi una famiglia, una bella casa, tutto quello che ho lo devo a lei e oggi mi manca tanto. Mi lamentavo quando c’era, oggi mi dispero perché non c’è più – prosegue Gostinelli – A volte penso di entrare la notte e di passare qualche ora lì con lei, sono convinto che ancora ha mantenuto intatto il suo odore. Anche se oggi c’è l’erba alta e dentro è diventato un rifugio per daini e cinghiali, saprei riconoscere l’odore, quell’odore che mi ha accompagnato per 36 anni e che ancora non riesco e non mi va di dimenticare. A volte mi viene da pensare di non cercare più lavoro per poter dire che ho concluso la mia carriera lavorativa con lei. Ancora ho intatto il ricordo dell’ultimo giorno di lavoro e di quando con la mano sfiorai per l’ultima volta il mio armadietto. Lasciatemi stare, forse sono sbagliato, forse esagerato, ma io sono questo e non voglio cambiare. Mi avete tolto il lavoro, ma non il mio amore per quella fabbrica e per me, che oggi mi sembra tutto incredibilmente piatto, provare ancora delle emozioni è vita”.

Articoli correlati