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C’era una volta la Toscana rossa…

Parliamoci chiaro: nell’ultima tornata elettorale per le amministrative ci sono stati sindaci eletti con il 10 per cento degli aventi diritto al voto o poco più, un italiano ogni 10 persone. E questo è un dato che conferma lo sgretolamento continuo del sistema, fino a porsi domande persino riguardo alla rappresentatività democratica stessa concepita in questo modo. C’è poi un altro dato, quello nazionale ed esteso anche alla nostra regione che si è oramai normalizzata ed adeguata al trend corrente senza aver più nulla di politicamente “specifico”. Dopo anni e anni di egemonia della sinistra e spesso anche di…buon governo, siamo passati dal solo comune sopra i 15 mila abitanti governato dalla destra nel 2014 (su 57) ai ben 14 di oggi (su 55) e senza contare i comuni più piccoli. Ben 7 capoluoghi di provincia su 10 sono oggi amministrati dai governi di centro-destra, un dato un tempo inimmaginabile .
La Toscana ha dunque perso la sua particolarità politica. Perché? Perché il voto adesso è meno ideologico e più fluttuante innanzitutto e perché lo schieramento di sinistra spesso si presenta litigioso, dove la somma delle sue parti non fa mai il totale elettorale. Il problema va per me oltre la Schlein e lo stesso PD, che pur è uscito non benissimo dalle ultime elezioni, ma ruota tutto intorno ad un progetto mancato o azzoppato sul nascere. Prima il riformismo renziano, poi lo spostamento a sinistra ma senza mai riuscire ad intercettare l elettorato. Il centro destra più che sui programmi proposti vince spesso per la debolezza degli avversari, in un momento in cui la politica intesa come quella tradizionale perde consensi e credibilità. La classe dirigente dei partiti di oggi è mediamente scarsa, ma forse è la politica che abbiamo conosciuto noi poco replicabile al momento. E su questo credo convenga fare una profonda riflessione.

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