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Un libro su Santa Barbara e l’area mineraria. La storia di un luogo magico

“Dalla foresta al bosco. La lignite del Valdarno e la centrale di Santa Barbara. Parte prima: la foresta sommersa”. E’ il libro, edito da Fabbrica di Luce, presentato ieri pomeriggio presso l’antica sala quadri della centrale termoelettrica di Santa Barbara a Cavriglia.
La pubblicazione, curata da Mario Donadoni, Michele Mauri e Giovanni Mura, raccoglie in un unico volume monumentale la storia, la geologia, l’evoluzione industriale e gli aspetti naturalistici del sito produttivo, dell’area mineraria e del territorio. Mentre l’omonima centrale, convertita dal 2006 in un impianto a ciclo combinato, rimane attiva, la miniera di Santa Barbara non è più utilizzata dal 1994 ed è già al centro di un importante piano di riqualificazione grazie alla collaborazione tra Regione Toscana, Comuni ed azienda Enel.

Ai nostri microfoni il direttore della Centrale Enel di Santa Barbara Paolo Tartaglia e i tre autori del libro

La storia dei minatori si intreccia a quella del Valdarno. Dal 1875, si è infatti sviluppata una delle più straordinarie storie industriali del nostro Paese. Una storia nata per volontà di un  gruppo di industriali toscani, che intuì la possibilità di sfruttare a fini produttivi la lignite. È di quegli anni l’apertura delle prime miniere in galleria: uomini che scavavano nelle viscere della terra, riempendo vagoncini e chiatte da portare in superficie trainandoli con cavalli e argani elettrici, dove altri uomini selezionavano il materiale dividendo lo sterile dalla lignite. Nel XX secolo l’attività si sviluppò: a cavallo delle due guerre nelle miniere si contavano circa 5.000 lavoratori; una risorsa straordinaria in grado di trainare vigorosamente, e per alcuni decenni, le sorti dell’economia del Valdarno Aretino. Dopo la fine della seconda guerra mondiale venne messa a nudo la scarsa competitività della lignite; dopo un periodo di lotte fra la società mineraria e i lavoratori riuniti in cooperativa per la prosecuzione dell’attività di estrazione, a metà degli anni ’50 si passò alla definizione di un nuovo progetto di coltivazione mineraria che prevedeva lo scavo a cielo aperto della lignite e il suo conferimento ad una nuova centrale termoelettrica da realizzarsi a bocca di miniera. Tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ’60, con l’acquisizione da parte di Enel della concessione mineraria di Santa Barbara, potenti macchine a catena di tazze cominciarono l’asportazione del materiale sterile di copertura del banco di lignite, depositandolo poi nei cavi di estrazione precedentemente esauriti o in valli limitrofe, fino a ridisegnare completamente l’orografia di circa 3.000 ettari di territorio. La fine dell’attività estrattiva risale al 1994.

 

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